E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, in data 12 settembre 2014, il Decreto Legge varato dal Governo per l’adozione di “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia civile”.

Ci si limiterà a proporre alcune osservazioni sulle disposizioni del Decreto relative al trasferimento, in sede arbitrale, dei procedimenti già pendenti avanti all’autorità giudiziaria civile.

In successive circolari esamineremo le restanti novità introdotte dal Governo.

Le nuove disposizioni relative alla possibilità di trasferire procedimenti civili in ambito arbitrale sono tutte contenute nell’art.1 del Decreto e riguardano i procedimenti di Tribunale o di appello pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto (13 settembre 2014), che non siano già in fase decisoria, che non riguardino diritti indisponibili e che non vertano in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale.

Per tali procedimenti di primo e di secondo grado è previsto che le parti, con istanza congiunta, possano chiedere di promuovere un arbitrato.

Il Giudice, in assenza di ragioni ostative, trasmette il fascicolo al Presidente del Consiglio dell’Ordine territorialmente competente, per la nomina del Collegio Arbitrale.

In tal caso, quindi, il procedimento “prosegue” davanti agli arbitri, ferme restando le preclusioni e le decadenze che siano già nel frattempo intervenute.

Restano salvi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dall’originaria domanda giudiziale e il lodo arbitrale ha gli stessi effetti della sentenza.

Per l’ipotesi in cui il trasferimento del procedimento dall’autorità giudiziaria alla sede arbitrale avvenga in grado d’appello, è stato previsto un termine per l’emissione del lodo arbitrale (120 giorni dall’accettazione della nomina da parte del Collegio Arbitrale) decorso il quale il processo deve essere riassunto avanti all’autorità giudiziaria ordinaria entro e non oltre i successivi 60 giorni (termine perentorio).  E’ poi stabilito che se il lodo viene pronunciato entro 120 giorni dall’accettazione della nomina da parte del Collegio Arbitrale, ovvero entro i 60 giorni successivi, e se lo stesso lodo viene dichiarato nullo a seguito di relativa impugnazione, il processo avanti al Giudice Ordinario può essere riassunto entro i 60 giorni successivi al passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato la nullità.

In linea generale, destano non poche perplessità le prime “reazioni” di alcuni organi di informazione che hanno salutato con favore la prevista trasferibilità di cause civili in procedure arbitrali, ritenendo che ciò potrebbe effettivamente dar origine a rilevanti e positivi effetti riduttivi e deflattivi degli imponenti, ed ormai “cronici”, carichi giudiziari.

In primo luogo, occorre considerare che l’arbitrato non è certo uno strumento di recente introduzione nel nostro ordinamento. Da moltissimi anni, infatti, le parti hanno la possibilità di dirimere eventuali controversie in sede arbitrale, anche tramite l’adozione di adeguate e preventive clausole contrattuali.

Ma nella realtà dei fatti e nella prassi, l’arbitrato non è stato e non viene largamente utilizzato per molteplici ragioni, inclusa l’entità dei costi complessivi che è molto spesso superiore a quella di un procedimento giudiziario ordinario. Nell’articolo del Decreto Legge in esame, è prevista una possibile riduzione dei parametri relativi ai compensi riservati agli arbitri, da adottare con Decreto Ministeriale, ma attualmente non vi è alcuna indicazione al riguardo.

In secondo luogo, va tenuto presente che molto spesso una delle parti in causa non ha alcun interesse ad abbreviare i tempi della controversia ed in tali casi, tutt’altro che rari, è da escludere già linea di principio la possibilità che venga presentata un’istanza congiunta per il trasferimento del processo in sede arbitrale.

Viene spontaneo chiedersi, quindi, per quale ragione le nuove previsioni dovrebbero avere particolare successo, con effetti di rilievo anche in termini di riduzione dei carichi giudiziari pendenti.

Vi sono poi alcune criticità anche in relazione ai contenuti letterali della nuova norma.

La possibilità di riassumere il giudizio ordinario, in caso di mancata pronuncia del lodo entro un certo termine, è prevista solo in relazione al grado d’appello mentre nulla si dice, al riguardo, per il caso di trasferimento, in sede arbitrale, di un procedimento pendente avanti al  Tribunale.

In detta fattispecie, non è dato comprendere quali siano le conseguenze sul processo ordinario di primo grado, e ciò anche nell’ipotesi di pronunciamento del lodo.

Secondo logica, il processo dovrebbe essere sospeso e, nel caso di successivo lodo arbitrale, lo stesso non potrebbe più essere riassunto, fatta salva l’ipotesi di accertata nullità del lodo.

Trattasi di ipotesi, in quanto la norma nulla dice al riguardo.

Per le cause in grado d’appello l’omissione riguardante le sorti del processo lascia ancor più perplessi, visto che l’ipotesi della riassunzione, in quest’ultimo caso, è stata espressamente  prevista.

E ancora, il termine di 120 giorni per la pronuncia del lodo, contemplato per i casi di trasferimento in sede arbitrale delle cause in grado d’appello, appare eccessivamente breve e irrealistico, soprattutto se riferito a controversie di particolare complessità e/o che richiedano l’esame di molteplici documenti e la valutazione di numerosi aspetti probatori e giuridici.

Conclusivamente, il fondato timore è che la norma sarà scarsamente applicata, senza alcun effetto di rilievo in termini di riduzione del contenzioso civile pendente.

Le nuove previsioni nell’art.1 del Decreto non sembrano essere state scritte in modo completo, chiaro ed adeguato: il che lascia obiettivamente sconcertati sia per la risonanza complessiva data all’iniziativa del Governo, tanto attesa e dipinta quale incisivo intervento con finalità deflattive del contenzioso civile, sia tenendo conto del fatto che le norme di carattere procedurale dovrebbero essere scritte in modo chiaro ed adeguato, senza presentare lacune, foriere di difficoltà e dubbi interpretativi per tutti gli operatori del settore.

Non resta ora che attendere la conversione in Legge del Decreto, auspicando l’adozione di adeguati correttivi al testo attuale dell’art.1).

*Avv. Marco Emanuele Galanti

*Avv. Fabio Meriggi

*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners