La problematica delle azioni esperibili nei casi di gravi vizi e difetti degli edifici, anche condominiali, realizzati dal costruttore –venditore, è stata oggetto di un approfondito dibattito giurisprudenziale e dottrinale che ha preso in esame, negli ultimi anni, una vasta casistica e l’applicabilità a tali fattispecie della disciplina prevista dall’art.1669 c.c.

L’art.1669 c.c. prevede che: “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.

Dall’esame di numerose sentenze delle corti di merito e della corte di Cassazione è emerso, in modo unanime e costante, che la disciplina prevista dall’articolo sopracitato è applicabile, anche nei confronti del costruttore-venditore e nei casi in cui quest’ultimo abbia realizzato l’immobile servendosi dell’opera di terzi, purché la costruzione sia ad esso riferibile per aver mantenuto il potere di coordinare lo svolgimento dell’attività altrui (Cass.n.27495/2009, n.4622/2002; n.8187/2000; n.3146/1998; n.9853/1998, n.3301/1996; Trib.Milano, sez.VII, 9/9/2011).

La norma in esame disciplina una forma di responsabilità extracontrattuale (vd. Trib. Milano sez. VII del 11/10/2011 e del 10/11/2009 e Trib. Roma, sez. VIII, del 13/1/2010) e si pone in un rapporto di specialità rispetto al principio generale del neminem laedere, comportando una presunzione di responsabilità in capo al costruttore-venditore, di cui non andrà provata la colpa.

Nel caso in cui sia decorso il termine decennale dal compimento dell’opera (non dalla data di acquisto dell’immobile nel caso di costruttore –venditore rif. Cass.4510/1996) e la rovina totale o parziale o il pericolo di essa o i gravi difetti si manifestino oltre detto termine, è in ogni caso esperibile l’azione di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.

Nell’ipotesi di esperimento dell’azione ex art. 2043 cod. civ. non opera, però, il regime probatorio speciale di presunzione della responsabilità del costruttore; in tale ipotesi, spetta a colui che agisce provare tutti gli elementi richiesti dalla norma generale, e, in particolare, anche la colpa del costruttore (Cass.8520/2006).

La norma di cui all’art.1669 c.c. offre, inoltre, una tutela parallela a quella generale e di natura contrattuale di garanzia per vizi prevista per ogni tipologia di compravendita ex artt. 1490 e seguenti c.c.. Tuttavia, rispetto a detta disciplina il regime previsto dall’art. 1669 c.c. si presenta oltremodo vantaggioso soprattutto con riferimento al termine di decadenza annuale ivi previsto per la denuncia del vizio, rispetto a quello di solo otto giorni statuito con riguardo alla garanzia per vizi previsti all’art.1495 c.c.; dalla denuncia dei vizi, infine, decorre il termine prescrizione di un anno per esperire la relativa azione giudiziale nei confonti del costruttore venditore.

Sulla decorrenza del termine annuale per la denuncia dei vizi è interessante rilevare che diverse sentenze di corti di merito hanno statuito che “il termine per la relativa denuncia non inizia a decorrere finchè il committente non abbia conoscenza dei difetti e tale consapevolezza non può ritersi raggiunta sino a quando non sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del femomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi inerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo” (vd. Trib. Roma sez. X del 23/5/2011 e in senso conforme vd. anche Trib. Treviso, sez. II del 8/6/2011 e Trib. Padova, sez. II del 7/6/2010).

Inoltre, la giurisprudenza di merito e di legittimità  ha precisato  altresì che i gravi difetti dell’opera oggetto della garanzia di cui al citato art. 1669 c.c ricorrono anche se non si producono fenomeni tali da influire sulla stabilità della costruzione e consistono in qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando le sue parti essenziali, ne compromettono la conservazione, limitandone sensibilmente il godimento degli acquirenti –condomini  o diminuendone in maniera rilevante il valore (Cass. n. 8149/2004 Cass.n.4692/1999, n.3301/1996; Trib. Milano sez.VII, 4/6/2012, Trib. Monza, sez. II, del 4/1/2010, Trib. Padova, sez.II del 18/6/2010, Trib. Milano sez.VII, 26/7/2010).

In particolare, può dunque trattarsi di lesioni alle strutture, di imperfezioni o di difformità tali da diminuire sensibilmente il valore economico dell’edificio nel suo complesso, o di singole sue parti, senza che debba sussistere anche il pericolo di un crollo immediato (Cass. 2977/1998); ovvero di alterazioni che attengano a quegli elementi, accessori o secondari, che consentono però l’impiego duraturo cui l’opera è destinata, (Cass. 11740/2003; Cass. 8811/2003; C. 9636/2001; C. 456/1999), quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria (Cass. 11740/2003, Cass. 456/1999), le infiltrazioni derivanti da difetti di impermeabilizzazione anche se non determinanti l’inagibilità dei box o l’allagamento degli stessi (Trib. Milano, Sez. VII 26/7/2010); nonché, più in generale, di rilevanti carenze strutturali dipendenti da inidonea progettazione dell’appaltatore (Cass. 3752/2007).

Ad avviso dello scrivente, pur non avendo rinvenuto specifica giurisprudenza, si ritiene che possano rientrare nella tutela prevista dall’art.1669 c.c. anche eventuali problematiche degli spazi verdi comuni, ove il costruttore-venditore abbia realizzato gli stessi non a regola d’arte o in violazione del capitolato d’appalto.

 Le azioni previste dagli articoli sopra citati sono esperibili, oltre che dal committente e dai singoli proprietari degli immobili per quanto riguarda i vizi e difetti inerenti le singole unità immobiliari, anche da parte degli amministratori di condominio nei confronti dei costruttori-venditori, e ciò in forza dei poteri e della legittimazione attribuitigli per legge dall’art.1130 n.4 c.c. (vd. Cass. n.22656/2010)

Il citato articolo prevede tra i doveri degli amministratori quello di compiere gli atti conservativi a tutela delle parti comuni del condominio anche al fine evitare che i vizi e difetti edificatori e/o costruttori ledano i diritti e le proprietà dei singoli condomini che potrebbero rivalersi nei confronti dell’intero condominio ai sensi dell’art.2051 c.c., per richiedere il risarcimento dei danni cagionati dalle cose date in custodia (vd. Cass. n.15291/2011).

Il potere degli amministratori di condominio di intraprendere dette azioni nei confronti del costruttore è altresì svincolato dalla necessità della preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale, ma gli amministratori, in difetto di mandato rappresentativo dei singoli condomini, non possono proporre azioni risarcitorie per i danni subiti nelle unità immobiliari di esclusiva proprietà dei medesimi condomini.

Sul punto, esiste una copiosa e consolidata giurisprudenza di merito e di legittimità a cui, per ragioni di sintesi, si rinvia (si veda Cass. n.22656/2010, Cass. 23693/2009, Corte d’Appello de L’Aquila 1/12/2012, Corte d’Appello di Roma del 8/4/2010, Trib. Monza 5/2/2013, Trib. Latina 29/7/2011, Trib. Monza del 18/5/2011, Trib. Trento del 15/12/2010).

*Avv. Marco Emanuele Galanti

*Avv. Stefano Bardelloni    

*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners