[Marzo 2011] - I Giudici misurano la “dipendenza” - Testo pubblicato sul Quotidiano “Il Sole 24 Ore” del 21.03.2011
L’ “abuso di dipendenza economica” richiama una situazione di squilibrio nei rapporti tra imprese, nell’ambito delle trattative per la stipula di un contratto, nella determinazione dei suoi contenuti o nelle fasi di esecuzione. In relazione a rapporti contrattuali tra imprese, tuttavia, il Legislatore ha considerato l’ipotesi di abuso solo nell’ambito della “subfornitura”. L’art.9 della legge 192/98 definisce “dipendenza economica” la situazione in cui un’impresa possa determinare un “eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi”. L’abuso può anche configurarsi nell’imposizione di condizioni gravose o discriminatorie. L’accordo o la clausola che determini l’abuso sono privi di validità. La disciplina dettata la subfornitura non è stata replicata per altre figure contrattuali (ad esempio, nel franchising) o in norme di portata generale. Tuttavia, appare legittimo domandarsi se la disciplina riservata dalla Legge n.128/2009 all’abuso di dipendenza economica possa ritenersi applicabile anche ad altre tipologie di contratti tra imprese. La questione è ancora ogg, dibattuta. Alcuni Giudici hanno optato per la tesi restrittiva negando così ogni interpretazione estensiva e/o analogica della legge (ad esempio, Trib. Roma 17 marzo 2010, 5 febbraio 2008 e 29 luglio 2004; Trib. Torino 18 marzo 2003); altri hanno optato per la tesi estensiva, facendo riferimento al principio generale di buona fede quale limite all’autonomia contrattuale delle parti o alla necessità di porre rimedio a “squilibri” negli accordi tra imprese (Trib. Parma 15 ottobre 2008, Trib. Bari 22 ottobre 2004). Merita attenzione la sentenza 20106/2009 della Cassazione che ha superato la questione dell’applicabilità o meno della norma ad altri accordi. La Corte ha incentrato la sua decisione sul concetto di “abuso del diritto”, ricordando principi generali, secondo cui le parti devono comportarsi secondo le regole della correttezza e l’esecuzione dei contratti deve avvenire secondo buona fede. Uno degli indici rivelatori della violazione dell’obbligo di buona fede in ambito contrattuale sarebbe, appunto, quello dell’”abuso del diritto”. Il Giudice, quindi, deve valutare il contratto avvalendosi anche dell’art.1366 Codice civile, secondo cui l’accordo e le clausole devono essere interpretati secondo buona fede. E dato che il rispetto del principio della buona fede deve accompagnare il contratto nel suo svolgimento, formazione ed esecuzione, a ciascuna parte è imposto di agire nell’ottica di un bilanciamento dei rispettivi interessi. In questo contesto, la verifica del contratto dovrà essere effettuata tenendo ben presenti le posizioni delle parti, per determinare se posizioni di supremazia dell’una, e di dipendenza dell’altra, possano aver determinato comportamenti abusivi. La Corte ha indicato una possibile strada per superare anche i dubbi in relazione all’estensibilità o meno della disciplina normativa sull’abuso di dipendenza economica ad altre tipologie di contratti tra imprese. I giudici di merito, quindi, in presenza di contratti tra imprese diversi dalla subfornitura, che presentino patologie riconducibili al concetto di abuso di dipendenza economica, potrebbero pervenire a pronunce di nullità o di risoluzione contrattuale, avvalendosi di norme di portata più generale, quali quelle dettate nel codice civile in materia di correttezza e buona fede, ma soprattutto facendo riferimento al principio dell’”abuso del diritto”. In ogni caso, sul tema sarebbe auspicabile un intervento del Legislatore.
* Marco Emanuele Galanti
* Fabio Meriggi
*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners