CIRCOLARE N. 1 OTT94

SULLE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE SULLA GAZZETTA UFFICIALE

In data 16/9/94 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo con cui si è data attuazione a otto direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Si tratta di un complesso di ben 98 articoli che introducono una serie alquanto articolata di obblighi a carico del datore di lavoro.

Nessuno degli appartenenti a quest’ultima categoria potrà disinteressarsi della nuova normativa; l’art.1 del decreto dispone infatti che “le misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro” dovranno trovare applicazione “in tutti i settori di attività, privati o pubblici”, sena distinzione in ordine alle dimensioni dell’impresa.

Distinzioni di questo tipo in realtà sono sì previste, ma limitatamente alla disciplina di determinati istituti, fermo restando dunque che il contenuto sostanziale della nuova normativa dovrà essere osservato da tutti i datori di lavoro, pena, in alcuni casi, l’applicazione di sanzioni di carattere penale.

In considerazione dell’ampiezza del campo di applicazione, con la presente circolare intendo segnalare ai clienti solo gli aspetti salienti del nuovo provvedimento, non essendo in questa sede possibile analizzare dettagliatamente ogni articolo.

Sono naturalmente disponibile ad ogni chiarimento che si rendesse necessario, ma non posso comunque fare a meno di rilevare che si tratta di un provvedimento che in molti punti pecca di ambiguità, vaghezza e ripetizioni e che, pertanto, necessiterà probabilmente di modifiche o comunque di un po’ di “rodaggio” prima che sia possibile valutarne l’esatta portata.

Basti considerare che nel decreto vi è il rimando a ben tredici decreti legislativi, ancora da approvare.

I principali obblighi del datore di lavoro

-Al datore di lavoro è innanzitutto imposto un obbligo di valutazione dei rischi cui sono esposti i lavoratori.

A tale proposito, il datore di lavoro deve redigere un documento in cui devono essere contenute:

1) una valutazione dei rischi connessi all’attività esercitata

2) l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione necessarie

3) un programma per l’attuazione delle suddette misure preventive.

Già la previsione di questo primo obbligo desta non poche perplessità: da un lato non sono indicati in alcun modo i parametri in base ai quali deve essere effettuata la valutazione e, dall’altro, questa deve avvenire secondo modelli procedurali quantomai complessi: essa, a norma del sesto comma dell’art.4, deve essere effettuata in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (nuova figura introdotta dal decreto e di cui si parlerà fra breve) e con il medico competente, previa consultazione di un rappresentante sindacale dei lavoratori.

Tuttavia, per le piccole e medie imprese (concetto che peraltro il legislatore non si è minimamente preoccupato di definire), è previsto che vengano adottate a cura del Ministero del Lavoro “procedure standardizzate” volte a semplificare l’adempimento del descritto obbligo documentale.

-Fermo tale adempimento di carattere burocratico, il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto che dirigono o sovrintendono le attività aziendali devono effettivamente adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

L’art.4 del decreto elenca in 15 punti le principali attività che i soggetti indicati devono svolgere per rispettare l’obbligo suddetto: si passa dall’obbligo di aggiornamento delle misure di prevenzione, alla fornitura di adeguati mezzi di protezione, al controllo dell’effettivo utilizzo di tali mezzi da parte dei lavoratori, alla verifica degli effetti che tali misure provocano sull’ambiente esterno.

La violazione di queste disposizioni, invero poco chiare ed estremamente generiche, dà luogo all’applicazione di sanzioni penali e amministrative che variano, a seconda dei casi, dall’arresto fino a due mesi alla ammenda fino a tre milioni.

-Quanto all’attuazione concreta delle misure antinfortunistiche, alla elaborazione di nuove procedure di sicurezza, alla formazione ed informazione dei lavoratori, cioè alla “gestione” di tutta la materia relativa alla sicurezza in ambiente di lavoro, il datore di lavoro ha varie possibilità:

1) può organizzare all’interno dell’azienda un apposito “Servizio di prevenzione e protezione”

2) può incaricare persone o servizi esterni

3) può provvedervi lui stesso, ma questo solo a determinate condizioni: se è titolare di un’azienda artigiana o industriale con non più di 30 addetti ovvero di un’azienda agricola con non più di 10 addetti o di altre aziende con non più di 200 addetti (sono escluse comunque le centrali termoelettriche, gli impianti e laboratori nucleari, le aziende estrattive, quelle minerarie, le aziende per la fabbricazione e il deposito di esplosivi, gli ospedali e le cliniche).

Analizziamo brevemente ciascuna di queste tre alternative:

1) se il datore di lavoro decide di organizzare all’interno della sua azienda il c.d. “Servizio di prevenzione” deve designare una o più persone sue dipendenti ed individuare un Responsabile per il servizio che deve essere “in possesso di attitudini e capacità adeguate” (quale siano i criteri per valutare tale adeguatezza, però, non viene chiarito);

2) quanto alla seconda ipotesi -i servizi esterni- viene soltanto precisato che le persone alle quali ci si deve rivolgere devono essere “in possesso delle conoscenze professionali necessarie” e che, in ogni caso, il fatto di rivolgersi a questi servizi, non libera automaticamente il datore di lavoro dalla propria responsabilità in materia. Il problema è, ancora una volta, che non vengono indicati i criteri in base ai quali la scelta può definirsi adeguata (sarebbe per esempio stato possibile individuare quali “buoni consulenti” solo Società o professionisti con determinati requisiti, quali l’iscrizione ad un Albo o simili);

3) per le ipotesi in cui è concesso al datore di lavoro provvedere in prima persona ai compiti inerenti la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, oltre a tutta un’altra serie di incombenze burocratiche, è previsto che lo stesso frequenti un apposito corso di formazione (da chi tenuto e organizzato, non è dato sapere).

Informazione e formazione dei lavoratori

-Un problema a cui viene dato particolare risalto nel decreto è quello relativo all’informazione e formazione dei lavoratori.

Questa è la parte del decreto dotata di maggiore chiarezza, anche se la sua portata innovativa è limitata, in quanto per lo più vengono affermati principi recepiti già da tempo nel nostro ordinamento.

Ad ogni modo, le nuove disposizioni possono essere così sintetizzate:

1) ai lavoratori deve essere assicurata un’adeguata informazione sugli aspetti generali della sicurezza in azienda, vale a dire sui rischi connessi all’attività dell’Impresa nel suo complesso, sulle misure di sicurezza adottate dall’azienda, sulle strutture esistenti (pronto soccorso, misure antincendio, medico competente, ecc…);

2) accanto a tali informazioni di carattere generale, il lavoratore deve poi esser reso edotto in modo dettagliato e specifico sui rischi connessi al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. Più precisamente, è previsto che la formazione avvenga oltre che al momento dell’assunzione, anche quando venga disposto un trasferimento o cambiamento di mansioni e quando vengano introdotti in azienda nuovi macchinari, nuove procedure o nuove sostanze potenzialmente pericolose.

Una particolare informazione deve poi essere fornita al rappresentante sindacale per la sicurezza.

Il rappresentante per sicurezza

-Questa nuova figura è disciplinata dall’art.18 del decreto: fatta eccezione per le imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali si prevede che possa essere individuato un rappresentante per più aziende operanti nel medesimo ambito territoriale, il rappresentante sindacale per la sicurezza deve essere eletto dai lavoratori.

I compiti assegnati a siffatto soggetto sono essenzialmente compiti di controllo circa l’effettiva attuazione delle misure di sicurezza.

Il rappresentante dei lavoratori deve poi essere consultato per tutti gli adempimenti relativi alla materia: almeno per ciò che concerne le realtà lavorative di dimensioni più ridotte, è facile immaginare che l’adempimento di siffatti obblighi di consultazione comporterà problemi pratici di non facile soluzione.

La riunione periodica

-L’art.11 del decreto prevede che, per le imprese con più di 15 dipendenti, il datore di lavoro indica almeno una volta all’anno una riunione a cui devono partecipare il responsabile del servizio di sicurezza, il rappresentante dei lavoratori ed il medico competente, ove previsto.

Oggetto di tale riunione sarà : l’analisi del documento di cui si è detto al punto A), l’adeguatezza dei mezzi di protezione individuali, i programmi di informazione e formazione dei lavoratori.

Sicurezza dei luoghi di lavoro

-Oltre a questi istituti, il decreto introduce poi significative innovazioni in materia di “Luoghi di lavoro” (artt. dal 30 al 33), stabilendo le caratteristiche precise che questi devono avere per garantire ai lavoratori la maggior sicurezza possibile.

Dal momento che tali norme sono estremamente dettagliate e lunghe, mi limito ad indicare il loro oggetto, segnalando che sono previste disposizioni in materia di : vie ed uscite di emergenza; -porte e portoni; -vie di circolazione; -zone di pericolo; -pavimenti; -passaggi; -aerazione dei luoghi di lavoro chiusi; -temperatura dei locali; -illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro; -scale; -banchine e rampe di carico; -locali di riposo; ed altri aspetti.

Uso della attrezzatura da lavoro

-Gli artt. dal 34 al 39 riguardano l’uso delle attrezzature da lavoro. A questo riguardo va segnalato in particolare l’art.35 il quale dispone che il datore di lavoro deve prendere le misure necessarie affinchè dette attrezzature siano:

1) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante

2) utilizzate correttamente

3) oggetto di idonea manutenzione.

Da un lato quindi si impone un obbligo di vigilanza quanto mai assiduo e, dall’altro, si determina per il datore di lavoro la necessità di concludere con i fabbricanti o con tecnici specializzati contratti di manutenzione dei macchinari.

Uso videoterminali

-Quanto all’utilizzo di videoterminali da parte dei lavoratori, è prevista tutta una serie di cautele: in particolare si segnala la necessità di concedere pause di riposo o cambiamento di attività all’operatore che lavori ad un videoterminale per più di 4 ore consecutive

. Inoltre, i lavoratori che utilizzano videoterminali devono essere sottoposti a visita medica per accertare eventuali problemi di vista e devono essere informati in ordine alle misure di prevenzione adottabili (occhiali particolari, modalità di svolgimento del lavoro, ecc…).

Atri argomenti trattati

Quelli evidenziati sono solo i punti principali del decreto, il quale detta disposizioni anche in materia di agenti cancerogeni e biologici, disciplina dettagliatamente la figura del medico competente per quelle realtà aziendali in cui questa figura è prevista, prevede disposizioni addirittura in tema di movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori, nonchè adempimenti da attuarsi in caso di incendi o di altri pericoli gravi.

Come si vede, il decreto che ha recepito le direttive comunitarie in materia di sicurezza del lavoro, ha una portata estremamente vasta.

Ciò che più preoccupa è che il legislatore, pur non avendo chiarito punti fondamentali (su quali parametri effettuare la valutazione dei rischi, come valutare la competenza del responsabile del servizio prevenzione, in base a quali criteri scegliere un consulente esterno, che dovrà tenere i corsi di formazione previsti, ecc…), ha fissato tempi molto stretti per la concreta attuazione della nuova normativa : l’art.96 del decreto si limita a disporre che ” E’ fatto obbligo di adottare le misure di cui all’art.4 (il documento di valutazione dei rischi e le conseguenti attività precauzionali) entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto “.

L’art.95 poi, per i casi in cui è concesso al datore di lavoro provvedere direttamente, ossia senza istituire il servizio di prevenzione o senza rivolgersi a consulenti esterni, agli adempimenti richiesti, esonera il datore di lavoro, “in sede di prima applicazione e comunque non oltre il 31/12/1996″, dall’obbligo di frequenza del corso di formazione previsto dall’art.10.

Orbene, se per questi obblighi specifici (art.4 e art.10) è previsto un anno di tempo, per tutti gli altri non è disposto alcunchè: questo vuol dire che, trascorsi i canonici quindi giorni di “vacatio legis”, ossia trascorsi 15 giorni dalla ormai prossima pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale, tutte le altre disposizioni entreranno automaticamente in vigore. Staremo a vedere se e come sarà possibile rispettarle.

Considerata la complessità e le continue innovazioni in relazione alla materia trattata, lo studio rimane a disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento o chiarimento che si dovesse rendere necessario.

Milano , Ottobre 1994

Studio Legale GGM