Trascorso un mese dall’entrata in vigore del decreto legislativo n.231/2000, che ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento, la responsabilità penale a carico di società, imprese, associazioni ed enti, per i reati commessi dai loro dipendenti o dirigenti, restano ancora aperti molti dubbi interpretativi della legge, la cui disamina generale è già stata effettuata nella circolare n.27 giugno 2001.

Una questione delicata, che merita di essere approfondita, riguarda la adozione da parte delle imprese dei cosidetti “modelli organizzativi” previsti dalla legge agli articoli 6 e 7, capaci di esonerare l’impresa dalle sanzioni connesse ai reati perpretati da un proprio dipendente/ dirigente.

L’impresa può decidere di adottare il proprio codice di comportamento secondo due modalità: 1) direttamente, predisponendo lei stessa il codice sulla base delle indicazioni contenute nella legge, oppure 2) sulla base di codici di comportamento “nazionali” redatti dalle associazioni rappresentative degli enti. Quest’ultimi, una volta predisposti, possono essere comunicati e sottoposti al vaglio del Ministero della Giustizia che entro trenta giorni può formulare, di concerto con i Ministeri competenti, osservazioni sulla loro idoneità a prevenire i reati.

Ad oggi, nonostante sia già trascorso un mese dall’entrata in vigore della legge, le associazioni di categoria non hanno ancora proposto e fatto approvare dal Ministero di Giustizia dei codici di comportamento “standard” da proporre alle imprese, associazioni ed enti.

Il ritardo delle associazioni di categoria, non esonera le società da una eventuale responsabilità in caso di reato, in quanto, come già accennato, i modelli di comportamento ben possono essere adottati direttamente da tutti i soggetti.

Al riguardo, si può rilevare come da un lato, non è sicuramente compito facile per le imprese adottare direttamente dei codici di comportamento, dotati dei necessari requisiti  di legge  e capaci di superare il vaglio del giudice penale, il quale in definitiva,  è il soggetto al quale è demandato il compito di valutare l’idoneità e l’effettiva applicazione del codice di comportamento;  dall’altro è intuibile che il modello “nazionale”,  avrà sicuramente un diverso peso giudiziale, con il rischio però di cadere in una standardizzazione  e in una rigida omologazione di settore.

Ancora ad oggi, sono ancora pochissime le imprese che sono al lavoro per predisporre i modelli di organizzazione e di gestione. Tutto questo a loro rischio e pericolo, poiché in caso di reato, non potranno esimersi da una responsabilità a loro carico e saranno costrette a far fronte alle obbligazioni e/o sanzioni alle stesse imposte dalla nuova legge. Ciò avviene sia con l’applicazione di sanzioni pecuniarie, modulate in base alla gravità del reato e all’entità del patrimonio societario, sia con sanzioni interdittive (si pensi alla possibilità di una sospensione o una revoca delle autorizzazioni, o al divieto di contrattare con la pubblica amministrazione) .

I modelli organizzativi e di gestione, in conformità con quanto previsto dalla legge, dovranno :

1)      individuare, in relazione alla specifica attività della impresa, le aree in cui più facilmente possano verificarsi le fattispecie penali tipiche previste dalla legge;

2)      prevedere degli appositi protocolli diretti a stabilire ed identificare i soggetti responsabili delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;

3)      stabilire le modalità di gestione delle risorse finanziarie in quei settori più soggetti al rischio reati;

4)      prevedere un continuo flusso di informazioni tra i dirigenti e l’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del modello;

5)      prevedere un sistema  disciplinare capace di sanzionare le violazioni delle misure adottate dal modello.

Oltre ai modelli di comportamento, le imprese dovranno adottare un autonomo organismo di controllo, una specie di “authority” interna alla società, capace di garantire la effettiva applicazione del codice, con poteri autonomi di iniziativa e di controllo.

Per ottenere una efficace attuazione del modello, si richiede inoltre, una verifica periodica dello stesso nel caso in cui vengano scoperte specifiche violazioni delle prescrizioni, e, un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal modello.

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