[Ottobre 2001] - Cessione d’azienda: Debiti INPS
Una recente sentenza ( n. 8179/2001) della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – si è pronunciata su questa delicata problematica stabilendo che in caso di trasferimento d’azienda, i crediti previdenziali, non possono rientrare nella previsione dell’articolo 2112 c.c., bensì in quella generale dell’art. 2560 c.c., in quanto crediti propri dell’Istituto previdenziale e non già del lavoratore; ove detti crediti non risultino dai libri contabili obbligatori, degli stessi non dovrà rispondere solidalmente il cessionario.
Com’è noto l’art. 2112 c.c. stabilisce alcune garanzie per i lavoratori nel caso di trasferimento della titolarità di un’azienda, assicurando agli stessi la continuità del rapporto di lavoro in atto, con mantenimento, senza interruzione alcuna, di tutti i diritti che derivano dalla loro posizione di dipendenti (resta di conseguenza salva l’anzianità già maturata e l’acquirente ha l’obbligo di continuare l’applicazione dei trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi vigenti all’atto del trasferimento); la disposizione prevede anche una responsabilità solidale fra l’alienante e l’acquirente per tutti i crediti che il lavoratore aveva al momento del trasferimento, tutelando così in modo ampio tutti i possibili diritti di natura economica del lavoratore senza eccezione alcuna.
Per contro l’art. 2560 c.c. detta invece la disciplina generale in materia di debiti relativi all’azienda ceduta; secondo la norma: “l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
Nel caso di specie con ricorso del 07.09.1990 al Pretore di Catania una società di gestione di case di riposo aveva proposto opposizione al decreto con il quale L’INPS le aveva ingiunto il pagamento della somma di £. 1.374.249.584 relativa ai contributi non corrisposti aumentati delle relative sanzioni civili, argomentando che, il debito previdenziale era sorto in epoca in cui l’azienda apparteneva ad altro soggetto e che il dovuto non risultava dai libri contabili obbligatori.
Dopo due gradi di giudizio, dagli esiti differenti, la società di gestione di case di riposo presentava ricorso per Cassazione denunciando la violazione degli articoli 2112 e 2560 c.c., in quanto secondo la prospettazione difensiva della ricorrente i debiti per contributi previdenziali quando sono contratti da un impresa commerciale non costituiscono un credito del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, e in caso di cessione d’azienda, seguono la disciplina generale dell’art. 2560 c.c., sicchè il cessionario ne risponde esclusivamente nel caso in cui essi risultino dai libri contabili obbligatori (nel caso di specie i debiti per contributi previdenziali erano desumibili dai libri paga e matricola che, ex art. 2214 c.c. non possono ritenersi scritture obbligatorie).
L’applicazione dell’articolo 2112 del c.c. era stata richiesta dall’Inps, a garanzia di tutti i crediti previdenziali maturati all’atto di trasferimento, ritenendo gli stessi assimilabili a quelli dei lavoratori in quanto collegati all’esistenza del rapporto di lavoro, anche se di natura diversa in quanto non strettamente retributiva.
La Suprema Corte ha rilevato invece che il credito dell’INPS è un credito proprio dell’istituto previdenziale, e non un credito del lavoratore, benchè trovi la sua origine nel rapporto di lavoro in corso, per cui, in caso di trasferimento dell’azienda, resta disciplinato dalla norma generale di cui all’art. 2560 c.c., di cui va verificata la sussistenza in concreto dei relativi presupposti di applicazione.
Per il credito previdenziale in oggetto, infatti, non può operare l’automatica esenzione di responsabilità dell’acquirente prevista dal comma 2° prima parte dell’art. 2112 c.c., sia perché la responsabilità è limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e non è estesa ai crediti di terzi, quali devono ritenersi gli enti previdenziali, sia perché il lavoratore non ha diritti di credito verso il datore di lavoro per l’omesso versamento dei contributi obbligatori in quanto estraneo al c.d. rapporto contributivo, che intercorre tra l’ente previdenziale ed il datore di lavoro.
Le argomentazioni del Tribunale quindi, a seguito della pronuncia della Cassazione n. 8179/2001, non possono più essere condivise nella parte in cui estendono il regime di applicazione dell’art. 2112 c.c. anche ai crediti di terzi diversi dal lavoratore ancorchè legati nella genesi e nella causa al rapporto di lavoro, in quanto l’art. 2112 c.c. prevede la responsabilità solidale delle parti, in caso di trasferimento d’azienda, soltanto per i crediti propri del lavoratore verso il datore di lavoro cedente sorti dal contratto di lavoro in corso.
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