[Febbraio 2002] - Uso distorto delle risorse sul web:lesione del diritto al marchio o condotta di concorrenza sleale
Segnaliamo l’ordinanza del 14 maggio 2001 con la quale il Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, si è pronunciato su complesse tematiche, non solo di carattere giuridico ma anche di carattere tecnologico, che solo di recente hanno fatto la loro comparsa nelle aule giudiziarie italiane.
Nello specifico, il Giudice ha focalizzato la propria attenzione sul fenomeno confusorio che può derivare dall’inserimento di collegamenti ipertestuali ad altri siti in una pagina di un sito web e sulla responsabilità del provider, nel suo ruolo di gestore della Rete, per gli illeciti posti in essere nei siti cui per suo tramite si può accedere.
Per comprendere pienamente gli effetti che possono derivare dall’utilizzo illegittimo di tali collegamenti, è necessario passare brevemente in rassegna le pratiche, che sono divenute ormai comuni sulla Rete, finalizzate all’utilizzo delle risorse di Internet.
Il linking
Il link non è altro che la connessione che si crea tra il contenuto di due differenti files o due parti differenti dello stesso file. Un link può condurre direttamente ad un altro file presente all’interno del computer dello stesso sito web oppure ad un file presente in un diverso computer localizzato altrove in Internet. Facendo specifico riferimento alle problematiche derivanti dalla tutela del diritto d’autore, in ambito anglosassone si è rilevato che colui che predispone il link potrebbe non violare direttamente alcun diritto del titolare del sito “agganciato” in quanto non ne copia fisicamente il contenuto sul proprio sito. Si è comunque superato tale ostacolo sostenendo che colui che crea un link potrebbe essere giudicato responsabile a titolo di contraffazione indiretta. Tale ipotesi sussiste in tutti i casi in cui il titolare della pagina web che predispone il link sia a conoscenza che il sito collegato mediante il link stesso contiene materiale che viola il diritto d’autore di terzi, oppure quando avrebbe potuto ragionevolmente conoscere tale circostanza. La pratica del linking può suddividersi in surface o deep linking.
Si è in presenza di surface linking quando il link è predisposto per consentire il collegamento del sito di partenza alla home page del sito d’arrivo. La giurisprudenza e la dottrina straniera, così come parte della dottrina italiana, ritengono che la pratica del surface linking sia da considerarsi lecita in base alla teoria della licenza implicita o del fair use. A sostegno della liceità del surface linking si è giustamente sottolineato che esso è la ragione d’essere di Internet e rappresenta lo strumento indispensabile per accedere al mondo dell’informazione. Va comunque evidenziato che anche coloro che accettano la teoria della licenza implicita non mancano di rilevare che per la liceità del surface linking è sempre necessario che il collegamento al sito altrui venga indicato sul sito di partenza in modo corretto ed equilibrato al fine di evitare ogni rischio di confusione nel pubblico circa l’associazione tra le due entità e, soprattutto, in modo tale da non danneggiare gli interessi dell’entità “agganciata”.
Si ha deep linking, invece, quando il collegamento trasmette l’utente direttamente all’interno delle pagine del sito agganciato, omettendo il passaggio dalla relativa home page. A differenza di quanto avviene per il surface linking, la pratica del deep linking può facilmente portare alla lesione dei diritti altrui. Anzitutto perché saltando la pagina iniziale del sito si evita la visione dei banner pubblicitari da parte del visitatore il cui accesso, inoltre, non viene conteggiato, con una sicura riduzione del valore commerciale del sito agganciato. Il sito da cui è originato il link, invece, trarrà vantaggi agli occhi degli utenti in quanto consentirà a questi ultimi di ottenere subito l’informazione richiesta, senza dover attendere il caricamento della pagina iniziale. Inoltre, il deep linking può impedire o comunque rendere più difficoltosa l’identificazione del proprietario del sito agganciato così da indurre i visitatori a ritenere che l’informazione sia offerta direttamente dal proprietario del sito da cui parte il collegamento.
Il framing
I frames sono utilizzati per suddividere in varie porzioni le pagine web in modo da consentire la visualizzazione di testi ed immagini differenti all’interno di sezioni della medesima pagina web. La particolarità tecnica di questo meccanismo consiste nel fatto che le varie cornici sono fra loro indipendenti per cui il cambiamento di una di esse non determina la contestuale modifica delle altre. Il framing costituisce una forma particolare di linking poiché anche in questa ipotesi si può venire a creare un collegamento fra due siti con la peculiarità, però, che la pagina agganciata verrà visualizzata all’interno di una cornice del sito di provenienza, in modo da formare agli occhi del visitatore un quadro unitario. In Italia si è giustamente rilevato che la potenzialità lesiva del framing è di molto superiore a quella del linking. In particolare, tale forma di agganciamento che impedisce una chiara identificazione del sito agganciato renderebbe illecito non solo il deep linking ma anche il surface linking.
Il metatagging
I comandi del linguaggio HTML consentono di inserire all’interno delle pagine web alcune informazioni, denominate meta-tag, che non sono immediatamente visualizzate dal programma browser del visitatore, rimanendo quindi nascoste ad un esame superficiale, ma che rivestono invece un ruolo fondamentale nell’ambito delle operazioni effettuate dai motori di ricerca. Infatti, al fine di catalogare le varie pagine in base al loro contenuto i motori di ricerca utilizzano particolari programmi che scandagliano Internet analizzando le sole pagine Html ed in particolare modo proprio le stringhe meta-tag in esse contenute. Attraverso i meta-tag, colui che crea un sito non solo è in grado di descrivere in sintesi il contenuto ed i servizi offerti, ma può inserire parole chiave che, se particolarmente efficaci, permettono di rendere più visibile il proprio sito nei risultati dei motori di ricerca. A volte però tali tecniche possono sconfinare nell’illecito quando, ad esempio, nei meta-tag vengano inseriti denominazioni, ragioni sociali e marchi di imprese altrui, oppure parole di uso comune che nulla hanno a che vedere con il contenuto del sito. Da un punto di vista prettamente giuridico, si ritiene che l’uso in mala fede dei meta-tag possa assumere rilievo sotto un duplice profilo, sia come contraffazione di marchio sia come concorrenza sleale. Quanto al primo profilo, è stato evidenziato che l’utilizzo del marchio altrui all’interno del meta-tag potrebbe deviare la clientela del concorrente verso il proprio sito. L’utilizzo distorto del meta-tag può inoltre portare a configurare un’ipotesi di comportamento anticoncorrenziale sia sotto il profilo dell’attività confusoria sia sotto il profilo dello sfruttamento della notorietà del concorrente.
Le tutele
Va anzitutto detto che è possibile tutelarsi contro il deep linking ed il framing mediante l’utilizzo di speciali accorgimenti tecnici. In primo luogo si potrebbe imporre a colui che intende visitare il sito di digitare una password di ingresso, anche se tale sistema mal si concilia con un sito che si rivolge alla generalità del pubblico. Si potrebbero poi adottare strumenti più raffinati quali, ad esempio, l’inserimento di particolari files all’interno della propria pagina web. Tali files hanno lo scopo di escludere ogni eventuale collegamento al proprio sito effettuato da altri siti, limitando tale esclusione solo verso alcuni siti concorrenti oppure riportando il visitatore “linkante” direttamente alla pagina iniziale del sito così da evitare ogni pericolo di confusione o di elusione della lettura dei messaggi pubblicitari. In ogni caso, è sempre opportuno inserire sul proprio sito, preferibilmente in precisa corrispondenza del link, apposite dichiarazioni finalizzate a consentire la piena individuazione del sito agganciato e ad evitare, o quanto meno ridurre, i rischi di confusione e di usi in qualche modo sleali dei link. Non vi è dubbio che il metodo più sicuro per evitare di essere soggetti ad azioni legali a causa di linking o di framing è quello di ottenere l’autorizzazione del titolare del sito che si vuole agganciare, mediante la stipulazione di appositi accordi. Questi accordi, che nel mondo anglosassone vengono definiti come “Web Linking Agreements”, hanno ad oggetto proprio la disciplina e le condizioni di utilizzo dei link tra i siti coinvolti. In ogni caso, nell’ipotesi in cui l’utilizzo di detti collegamenti ipertestuali avvenisse al solo fine di trarre un vantaggio ingiusto o per danneggiare l’attività del concorrente commerciale, potranno essere invocati gli strumenti di tutela previsti dagli artt. 2598 e ss. del Codice Civile.
STUDIO LEGALE GGM