Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Sez.Lav, 12 gennaio 2002, n.329) ha dato avvio ad un nuovo orientamento giurisprudenziale volto a fissare il principio secondo il quale “la qualità di amministratore di una società di capitali è compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della medesima ove sia accertata l’attribuzione di mansioni diverse dalle funzioni proprie della carica sociale rivestita” nonché, nell’ipotesi in cui la predetta diversità non sussista ed unicamente si verifichi “l’attribuzione allo stesso soggetto solo delle funzioni inerenti al rapporto organico, la nullità del rapporto di lavoro avente ad oggetto quelle stesse attività non esclude il diritto al distinto compenso specificamente deliberato in favore degli amministratori”.

La suddetta pronuncia della Corte di Cassazione si colloca in un panorama giurisprudenziale tutt’altro che univoco, le cui risalenti sentenze mettevano in luce l’incompatibilità del cumulo nella medesima persona, della qualifica di amministratore di società di capitali e di lavoratore subordinato della medesima.

Successivamente vennero rivisti i rigidi indirizzi giurisprudenziali assunti (Cass., 24 marzo 1956, n.845) attraverso la previsione della possibilità di una verifica circa l’esistenza di un conflitto d’interessi: atteggiamento, questo, che creò le basi per un mutamento di indirizzo capace di fissare un principio di diritto, quello della cumulabilità della qualità di amministratore ed al tempo stesso di dipendente della medesima società.

In particolare, sottolinea la Corte di Cassazione, condicio sine qua non risulta essere, l’individuazione di due distinti rapporti, carica sociale e posizione di lavoratore subordinato, per il cui riconoscimento, dovrà effettuarsi l’accertamento in concreto dello svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, tali da configurare due prestazioni ontologicamente differenti. Per il rapporto lavorativo subordinato occorrerà inoltre dimostrare l’esistenza del c.d. vincolo di subordinazione che, ex art. 2094 c.c.,  ne connota la fattispecie (“…perché sia configurabile il rapporto di lavoro subordinato, è necessario che colui che intenda farlo valere […] provi in modo certo il requisito della subordinazione, elemento tipico qualificante del rapporto, che deve consistere nel suo effettivo assoggettamento, nonostante egli rivesta la carica di amministratore, al potere direttivi di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso” Cass. 24 maggio 2000, n.6819).

La sopraccitata sentenza mette in luce un ulteriore elemento caratterizzante, quello relativo all’esistenza di un’autonoma volontà imprenditoriale, comportante l’esercizio del potere di controllo e disciplinare, cui l’amministratore stesso sia subordinato: la sussistenza di detta volontà escluderebbe la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro derivante dallo stesso amministratore-dipendente.

E’ proprio in quest’ottica che è stato ritenuto incompatibile il cumulo sia nel caso di amministratore unico (Cass. 22 dicembre 1983, n.7562) che in quello in cui a due amministratori siano attribuiti congiuntamente i poteri di  rappresentanza, procura e disciplina (Cass. 12 maggio 1992, n.5523), poiché in entrambi i casi prospettati verrebbe a mancare il requisito fondamentale della diversificazione tra ruolo dipendente e ruolo decisionale.

Per quanto concerne infine la figura dell’amministratore delegato, la giurisprudenza afferma (Cass. 12 novembre 1990, n.10900) che sia “configurabile un rapporto di lavoro tra l’amministratore delegato e la società quando il primo sia soggetto ad un organo, a lui esterno, esprimente la volontà della società, che in concreto eserciti i poteri di controllo, comando o disciplina, tipici del datore di lavoro”. L’ipotesi è quella in cui un consiglio d’amministrazione conferisca la carica sociale ad un soggetto, l’amministratore delegato, che permane distinto dal dirigente e titolare del potere di direzione e controllo.

Per concludere, nell’ipotesi in cui non sussista la diversità prospettata (tra funzioni di amministratore e funzioni di lavoratore subordinato) e si verifichi unicamente l’attribuzione delle funzioni proprie del rapporto organico, la giurisprudenza prevede il diritto al compenso pattuito in favore degli amministratori della società, diritto che viene loro riconosciuto implicitamente dal legislatore (ex artt. 2364, c.2, 2389, 2392 c.c.) nella misura prevista dall’atto costitutivo, salvo rinuncia degli stessi. In caso contrario potrà essere oggetto di determinazione da parte del giudice .

STUDIO LEGALE GGM & PARTNERS