[Giugno 2004] - Validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, interessi degli amministratori, responsabilità degli amministratori verso la società (artt. 2388, 2391, 2392 c.c.)
Nell’ambito delle nuove norme in materia di amministratori delle S.p.A. occorre prestare una particolare attenzione a tre argomenti oggetto di sostanziali cambiamenti: la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (art.2388 c.c.), gli interessi degli amministratori (art. 2391 c.c.), la responsabilità degli amministratori verso la società (art. 2392 c.c.).
1. Validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (art. 2388 c.c.)
Il nuovo art. 2388 c.c., ponendo fine ad un lungo dibattito dottrinale, ha introdotto la possibilità “di impugnare le deliberazioni del consiglio di amministrazione non prese in conformità della legge o dello statuto entro 90 giorni dalla data della deliberazione” riservando tale azione solo:
- al collegio sindacale (IV comma);
- agli amministratori assenti o dissenzienti (IV comma);
- ai soci nel caso in cui le deliberazioni siano lesive dei loro diritti (IV comma).
Tale norma rappresenta una novità assoluta in quanto la passata legislazione disciplinava solo il caso di impugnazioni di delibere consiliari prese in conflitto di interesse, mentre ora il legislatore per tale materia ha ripreso, quasi del tutto, la disciplina delle impugnazioni delle deliberazioni assembleari, come si può desumere anche dall’esplicito rischiamo degli artt.2377, 2378 contenuto nell’art.2388.
Le uniche eccezioni rispetto alla disciplina delle deliberazioni assembleari sono rappresentate dalla mancanza di un’esplicita disciplina per l’impugnazione di deliberazioni consiliari nulle e dall’impossibilità di impugnare qualsiasi tipo di deliberazione consiliare da parte di amministratori astenuti.
Il fatto, però, che il legislatore non menzioni tra le delibere consiliari impugnabili quelle nulle non è da considerarsi una vera e propria eccezione, nel senso che viene escluso definitivamente il rimedio dell’impugnazione in casi di nullità, ma, a parere anche dei primi commentatori, si tratta di una lacuna che dovrà essere colmata con un intervento chiarificatore del legislatore, in quanto, già nella passata legislazione, si era giunti ad ammettere la possibilità di ricorrere a tale rimedio applicando la disciplina codicistica dettata in tema di contratti nulli.
Per quanto riguarda invece la scelta di negare agli amministratori astenuti di impugnare le delibere consiliari invalide, tale scelta si giustifica con il fatto che il legislatore concepisce l’attività di gestione svolta dagli amministratori come un’attività propositiva che non ammette neanche nella fase deliberativa una “diligente astensione”.
Inoltre, occorre evidenziare che la più importante novità contenuta nell’art.2388 c.c. è rappresentata dalla legittimazione riconosciuta ai soci, lesi nei propri diritti dalle deliberazioni consiliari invalide, di impugnare tali deliberazioni. In questo modo il legislatore ha codificato un orientamento giurisprudenziale consolidatosi nel vigore della precedente norma (per completezza si cita Cass. n.2850 del 28.3.1996, Cass. n.4749 del 3.4.2002).
Per quanto riguarda le restanti disposizioni contenute nell’art. 2388 non sono state oggetto di sostanziali modificazioni. Infatti sono rimaste invariate le disposizioni in tema di quorum costitutivo e di quorum deliberativo, le quali prevedono rispettivamente che “per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica, quando lo statuto non richiede un maggior numero di presenti” (comma I) e che “le deliberazioni del consiglio di amministrazione sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salvo diversa disposizione dello statuto” (comma II).
Infine, per completezza, si segnala che il legislatore ha inserito nell’ultima parte del comma I la previsione che “lo statuto può prevedere che la presenza alle riunioni del consiglio avvenga anche medianti mezzi di telecomunicazione”.
2. Interessi degli amministratori (art. 2391 c.c.)
L’art. 2391 c.c. in tema di interessi degli amministratori è stato completamente riscritto alla luce di tre principi fondamentali, trasparenza, correttezza di corporate governance e prevenzione del danno.
In tale ottica il legislatore ha previsto al comma I che “L’amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata”
Tale norma è particolarmente innovativa in quanto l’amministratore è tenuto, per ragioni di trasparenza e senza che gli sia consentita alcuna valutazione preventiva, a comunicare al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale ogni tipo di interesse (anche un semplice coinvolgimento personale) che lo stesso vanta per conto proprio o di terzi in una determinata operazione della società e non più solo gli interessi che lo stesso reputa in conflitto con quelli della società, come prevedeva l’ormai abrogato comma I.
In tal modo si consente soprattutto al consiglio di amministrazione di valutare se la situazione prospettata dall’amministratore coinvolto configuri un conflitto di interessi concretamente o potenzialmente lesivo per la società o anche irrilevante qualora vi sia un interesse concordante tra l’amministratore e la società.
Si tratta, pertanto, di valutazioni che il consiglio di amministrazione, sempre per ragioni di correttezza di corporate governance e soprattutto per prevenire eventuali danni, è obbligato a fare in quanto il comma II prescrive che “nei casi previsti dal precedente comma la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione”.
Si precisa, per completezza, che oltre a tale obbligo di informazione gravante su ciascun amministratore il legislatore ha aggiunto per l’amministratore delegato un obbligo di astensione dal compimento dell’operazione con richiesta di intervento dell’organo collegiale (comma I).
Dalla violazione degli obblighi di informazione da parte degli amministratori e da una non adeguata motivazione della deliberazione da parte del consiglio di amministrazione. consegue la possibilità per gli amministratori, anche consenzienti ma non informati, e per il collegio sindacale di impugnare le deliberazioni del consiglio o del comitato esecutivo, che possano recare danno alla società, entro 90 giorni dalla loro data (comma III).
Lo stesso rimedio è altresì previsto nel caso in cui le deliberazioni del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo “sono adottate con il voto determinante dell’amministratore interessato” (comma III).
Questa ipotesi contemplata espressamente dal legislatore permette, altresì, di affermare che nel vigore del nuovo art.2391 - a differenza del passato in cui tassativamente era previsto che l’amministratore “deve astenersi dal partecipare alle deliberazioni riguardanti l’operazione stessa” – è ammessa la possibilità per l’amministratore coinvolto in un caso di conflitto di partecipare alle deliberazioni consiliari purchè il suo voto non sia determinante per loro adozione.
La scelta del legislatore di permettere all’amministratore interessato di partecipare alle deliberazioni nonché ai consigli e alle riunioni è stata dettata dall’esigenza di attuare il più possibile uno dei principi ispiratori della riforma, ossia quello di informazione.
Ciò, però, non impedisce di ritenere che in concreto sarà più opportuno auspicare che un amministratore interessato, dopo aver assolto i suoi obblighi di informazione, non partecipi comunque alle votazioni al fine di evitare possibili impugnazioni della deliberazione adottata e soprattutto per non incorrere in eventuali responsabilità con conseguente risarcimento dei danni.
Su tale punto il legislatore ha comunque previsto ai commi IV e V dell’art.2391che “l’amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione” (comma IV) e “risponde, altresì, dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell’esercizio del suo incarico” (comma V).
Per quanto riguarda il comma V, occorre precisare che il legislatore prevedendo uno specifico risarcimento non ha ritenuto che tali danni potessero rientrare nel lucro cessante del risarcimento previsto al comma IV. Inoltre la norma andrà coordinata con la disciplina dell’insider trading.
Infine, una lacuna normativa è rappresentata dal caso in cui non essendoci un consiglio di amministrazione il conflitto di interesse riguardi l’amministratore unico.
In tale caso, i primi commentatori ritengono che l’amministratore dovrà dare circostanziata notizia del suo interesse al collegio sindacale e astenersi dal compiere l’operazione investendo della stessa l’organo collegiale, ossia l’assemblea, che gli ha conferito i poteri; in caso di responsabilità dell’amministratore unico si applicheranno i commi IV e V dell’art.2391.
3. Responsabilità degli amministratori verso la società (art. 2392 c.c.)
Il nuovo art. 2392 c.c. in tema di responsabilità degli amministratori verso la società è stato riformato alla luce di una duplice esigenza, ossia di collegare la responsabilità ad una scorretta condotta e a una cattiva gestione e di fissare i presupposti e i limiti della responsabilità al fine di evitare una eccessiva e indiscriminata utilizzazione di detto istituto come già avvenuto in passato da parte della giurisprudenza.
A tal fine il legislatore ha innanzitutto provveduto a sostituire la vecchia “diligenza del mandatario” richiesta agli amministratori per l’adempimento dei doveri imposti dalla legge e dallo statuto con una diligenza “professionale” simile a quella prevista dall’art.1176 II comma. Detta diligenza va quindi rapportata alla natura dell’incarico e alle specifiche competenze degli amministratori (comma I).
Il legislatore, però, in questo modo non ha inteso affermare che la scelta degli amministratori avvenga solo tra periti in materie di contabilità, finanza o comunque tra esperti in ogni settore di gestione, ma ha inteso che nell’attività di gestione gli amministratori agiscano in modo informato (vd. commento ad art. 2381 in www.Onlinelex.it - Circolare n.61 Maggio 2004) e le loro operazioni siano frutto di scelte meditate e non caratterizzate da irresponsabilità o da negligente improvvisazione.
Pertanto, nel caso in cui gli amministratori non agiscano secondo i criteri sopra esposti causando danni alla società saranno da ritenersi “solidalmente responsabili a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori” (comma I).
Infatti in presenza di attribuzioni proprie degli organi delegati (comitato esecutivo o amministratori delegati) il legislatore ha previsto una responsabilità diretta di tali soggetti nei confronti della società, sgravando apparentemente da qualsiasi responsabilità gli organi deleganti.
Si tratta infatti di un esonero di responsabilità apparente in quanto al comma II il legislatore, sostituendo il precedente e generico obbligo di vigilanza spettante agli organi deleganti con l’espressione “fermo quanto disposto dal comma terzo dell’art.2381”, ha voluto in primo luogo evitare di esporre gli amministratori deleganti dagli effetti di una responsabilità oggettiva per culpa in vigilando, ma allo stesso tempo ha stabilito che una responsabilità solidale degli amministratori deleganti nel caso in cui questi, a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non abbiano fatto quanto in loro potere per impedire il compimento di detti fatti o per eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (comma II).
Infine il comma III è rimasto invariato e prevede che “la responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale”.
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Restiamo a disposizione per qualsivoglia chiarimento.
Studio Legale Galanti Gelfi Meriggi & Partners
LombardConsulting
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