Con la riforma del diritto societario il legislatore ha modificato sostanzialmente la disciplina della società a responsabilità limitata, disciplina che è del tutto autonoma da quella delle società per azioni.

In particolare il modello organizzativo previsto dal legislatore per la società a responsabilità limitata riserva ampio spazio all’autonomia dei soci, i quali, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, nominano tra di essi uno o più amministratori (art.2475, I comma,  c.c.).

Nel caso in cui l’amministrazione venga affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. Tuttavia l’atto costitutivo può prevedere, come per le società in nome collettivo, che l’amministrazione venga affidata disgiuntamente a ciascun socio o congiuntamente a più soci. In tal caso il legislatore rinvia espressamente  all’art.2257 c.c. (diritto di opposizione del socio amministratore alle operazione che gli altri amministratori intendono compiere) e all’art.2258 c.c. (i soci amministratori a cui spetta l’amministrazione congiunta devono deliberare il compimento delle operazioni della società all’unanimità o, se diversamente convenuto, a maggioranza.).

Una novità assoluta rispetto alla vecchia normativa è rappresentata dalla deroga al principio della collegialità per l’adozione delle decisioni relative alla gestione societaria. Infatti è statuito che, in caso di costituzione del consiglio di amministrazione e se l’atto costitutivo lo prevede, possono essere adottate delle decisioni relative alla gestione dell’impresa “mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto”. Occorre, comunque, in tal caso che dai documenti sottoscritti dagli amministratori risultino con chiarezza l’argomento oggetto della decisione e il consenso alla stessa (art.2475, IV comma c.c.).

Tale deroga al principio della collegialità, ad avviso dei primi interpreti, non potrebbe estendersi a tutte le decisioni relative alla gestione dell’impresa e in particolare le decisioni in tema di redazione del progetto di bilancio, di progetti di fusione e scissione e di aumento di capitale, che in ogni caso sono di competenza del consiglio di amministrazione (art.2475, V comma c.c.), non potrebbero essere assunte con il metodo della consultazione scritta e del consenso espresso per iscritto.

Un’altra novità si trova anche nella norma in tema di rappresentanza della società, in cui, a differenza delle s.p.a. (art.2384 c.c.), non è previsto che il potere di rappresentanza debba essere attribuito agli amministratori espressamente dallo statuto o dalla deliberazione di nomina, ma il potere di rappresentanza spetta agli amministratori per il solo fatto di ricoprire tale funzione (art.2475 bis, I comma c.c.).

Chiarito ciò, occorre altresì precisare che si tratta, come per le s.p.a., sempre di un potere di carattere generale, i cui limiti devono risultare dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina e anche se pubblicati non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano agito a danno della società (art.2475 bis, II comma c.c.).

Completamente nuova è anche la disciplina in tema di conflitto di interessi degli amministratori, per i quali, a differenza della disciplina delle s.p.a., non è previsto l’obbligo di informare gli altri amministratori e il collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, gli stessi abbiano in una determinata operazione societaria.

Ad ogni buon conto, i primi interpreti non escludono che tale obbligo possa essere previsto statutariamente al fine di garantire una gestione più trasparente della società.

Analizzando la norma in tema di conflitto di interessi non si può inoltre non evidenziare che il legislatore ha ritenuto opportuno disciplinare distintamente l’incidenza del conflitto di interessi sui contratti conclusi dagli amministratori e sulle decisioni adottate dal consiglio di amministrazione.

Per quanto riguarda i contratti possono essere annullati su domanda della società se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo (art.2475 ter, I comma c.c.).

Per quanto riguarda le decisioni, invece, qualora cagionino un danno patrimoniale (anche potenziale) alla società, possono essere impugnate entro tre mesi dagli amministratori e, se esistente, dal collegio sindacale o da un revisore (art.2475 ter, II comma c.c.).

Infine occorre esaminare la nuova disciplina in tema di responsabilità degli amministratori e controllo da parte dei soci, in cui chiaramente si manifesta il principio dell’autonomia dei soci.

Infatti il legislatore, oltre ad avere riconosciuto ai soci che non partecipano all’amministrazione il diritto di avere dagli amministratori notizie circa lo svolgimento degli affari sociali e di consultare anche tramite professionisti di loro fiducia i libri e i documenti sociali, ha attribuito a ciascun socio sia il potere di promuovere l’azione di responsabilità sociale nei confronti degli amministratori che nell’ambito della gestione di impresa abbiano agito in violazione dei doveri ad essi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo cagionando danni alla società stessa sia la facoltà di chiedere, in caso di gravi irregolarità gestionali, un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi (art.2476 comma I, II, III c.c.).

I soci in questo caso agiscono come sostituti processuali della società stessa, in quanto con tale azione fanno valere in nome proprio un diritto altrui. A conferma di ciò è sufficiente rilevare che il legislatore ha espressamente previsto che in caso di accoglimento della domanda giudiziale proposta dai soci, a questi ultimi spetterà soltanto il rimborso delle spese di giudizio e quelle sostenute per l’accertamento dei fatti, mentre il risarcimento dei danni spetterà alla società stessa. Inoltre sempre alla società, e se l’atto costitutivo non prevede diversamente, il legislatore ha attribuito il diritto di rinunciare e transigere l’azione di responsabilità proposta dai soci contro gli amministratori, purchè vi sia il consenso di una maggioranza di soci che rappresenti almeno i due terzi del capitale sociale e non si oppongano tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale (art.2476 comma IV, V c.c.).

Si precisa, altresì, che tale azione giudiziale è finalizzata all’accertamento di una responsabilità degli amministratori di natura contrattuale e solidale. Tuttavia la responsabilità non si estende automaticamente agli amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa e che, a conoscenza del compimento di un atto dannoso, abbiano fatto constare il proprio dissenso (art. 2476 comma I c.c.).

Tale tipo di responsabilità si estende oltre che agli amministratori anche ai soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi (art.2476 comma VII c.c.).

Infine l’azione sociale promossa dai soci non pregiudica il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio o al terzo, i quali sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori (art.2476 comma VI c.c.).

In questo caso i singoli soci o i terzi hanno diritto di promuovere un’azione individuale a tutela dei propri diritti e finalizzata all’accertamento di una responsabilità extracontrattuale degli amministratori.

Lo studio resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e approfondimento sulle tematiche affrontate nella presente circolare.

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