[Maggio 2006] - Attività promozionali in programmi radiotelevisivi di carattere scientifico divulgativo in materia sanitaria
Nell’ambito di programmi indicati in oggetto si assiste molto spesso al richiamo, soprattutto ad opera di medici che vi partecipino in qualità di ospiti, di prodotti farmacologici (per classe, tipologia o mediante richiamo specifico).
Ci si chiede se detti richiami possono o meno presentare in casi specifici eventuali profili di illiceità .
Sotto un primo profilo, debbono essere presi in considerazione alcuni articoli del Codice Deontologico Medico.
Più specificamente, si rilevano le seguenti disposizioni:
- art.53 (Pubblicità in materia sanitaria): “Sono vietate al medico tutte le forme, dirette o indirette, di pubblicità personale o a vantaggio della struttura, pubblica o privata, nella quale presta la sua opera.
Il medico è responsabile dell’uso che si fa del suo nome, delle sue qualifiche professionali e delle sue dichiarazioni.
Egli deve evitare che attraverso organi di stampa, strumenti televisivi e/o informatici, collaborazione a inchieste e interventi televisivi, si concretizzi una condizione di promozione e di sfruttamento pubblicitario del suo nome o di altri colleghi”;
- art. 54 (Informazione sanitaria): “L’informazione sanitaria non può assumere le caratteristiche della pubblicità commerciale.
Per consentire ai cittadini una scelta libera e consapevole tra strutture, servizi e professionisti, è indispensabile che l’informazione, con qualsiasi mezzo diffusa, non sia arbitraria e discrezionale, ma utile, veritiera, certificata con dati oggettivi e controllabili e previo nulla osta rilasciato per iscritto dal Consiglio dell’Ordine Provinciale di appartenenza sulla base di principi di indirizzo e di coordinamento della Federazione Nazionale.
Il medico che partecipi a iniziative di educazione alla salute, su temi corrispondenti alle sue conoscenze e competenze, deve garantire, indipendentemente dal mezzo impiegato, informazioni scientificamente rigorose, obbiettive, prudenti (che non producano timori infondati, spinte consumistiche o illusorie attese nella pubblica opinione) ed evitare, anche indirettamente, qualsiasi forma pubblicitaria personale o della struttura nella quale opera”.
- art. 56 (Divieto al patrocinio): “Il medico o associazione di medici non devono concedere patrocinio e avallo a pubblicità per istituzioni e prodotti sanitari e commerciali di esclusivo interesse promozionale”.
- Sotto un secondo profilo, strettamente pubblicitario, si rilevano invece alcune disposizioni del Decreto Legslativo 30/12/1992 n.541 recante l’”Attuazione della Direttiva 92/28/CEE concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano”.
In particolare, va evidenziato che, già in radice, è vietata qualsivoglia forma di pubblicità (fatta eccezione, nel campo delle publicazioni a mezzo stampa, per le sole riviste riservate a medici e farmacisti) avente ad oggetto medicinali che possano essere forniti solo dietro presentazione di ricetta medica o che contengano sostanze psicotrope o stupefacenti.
In deroga a tale divieto, il Ministero della Sanità può autorizzare campagne di vaccinazione promosse da imprese farmaceutiche.
E’ altresì vietata qualsivoglia forma di pubblicità (fatta sempre eccezione per le pubblicazioni a mezzo stampa delle sole riviste riservate a medici e farmacisti), dei cosiddetti farmaci “SOP” (senza obbligo di prescrizione), esenti appunto da prescrizione medica, consigliabili dal farmacista e acquistabili solo nelle farmacie.
E’ invece consentita la pubblicità di tutti gli altri farmaci, ricompresi nella categoria generale “OTC” (dall’inglese “over the counter”: “vicino alla cassa”) che “per la loro composizione ed il loro obbiettivo terapeutico, sono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescizione o la sorveglianza nel corso del trattamento e, se necessario, con il consiglio del farmacista” (art. 3).
Sempre all’art.3 (5° comma) del medesimo Decreto Legislativo è previsto che “in pubblicazioni a stampa, trasmissioni radiotelevisive e in messaggi non a carattere pubblicitario comunque diffusi al pubblico, è vietato menzionare la denominazione di un medicinale in un contesto che possa favorire il consumo del prodotto.
La violazione del divieto comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da Euro 5.164,57 a Euro 30.987,41”.
Dal quadro sopra sinteticamente descritto, deriva in sintesi quanto segue:
- i medici che intervengano nei servizi o programmi, dovranno rigorosamente attenersi alle disposizioni del Codice Deontologico di riferimento, così come sopra ricordate;
- nei servizi o programmi non dovrà essere attuata alcuna forma di pubblicità, diretta o indiretta o “occulta” che dir si voglia, di prodotti farmacologici di qualsivolgia tipologia e natura, con configurabilità di illeciti maggiormente gravi in caso di pubblicità relativa a prodotti fornibili solo dietro presentazione di ricetta medica o prodotti “SOP”;
- il confine tra l’illecita pubblicità indiretta di un farmaco - nell’ambito di trasmissioni televisive o radiofoniche ( così come nel caso di pubblicazioni a mezzo stampa) - ed una corretta e lecita informazione e divulgazione scientifica, è da correlarsi alla veridicità, correttezza e rigorosità scientifica delle affermazioni di volte in volta sottosposte all’attenzione del pubblico.
Così, a titolo esemplificativo, se in una trasmissione venisse riferita l’efficacia di una particolare “tipologia” di farmaci (senza ovviamente indicarne la denominazione commerciale) per la cura di una rara patologia, non dovrebbe essere configurato alcun illecito qualora dette informazioni risultino essere veritiere e scientificamente rigorose e tali da non dare origine a timori infondati o “spinte consumistiche”.