La riforma del diritto societario, introdotta con il Decreto Legislativo 17/1/2003 n.6, ha profondamente innovato la disciplina relativa alla responsabilità degli amministratori di società di capitali. In particolare, per quanto concerne le società per azioni, in presenza di un organo amministrativo collegiale e di uno o più amministratori delegati (o di un comitato esecutivo), sono stati meglio delineati i criteri per determinare gli obblighi, e le conseguenti aree di responsabilità, degli amministratori muniti di delega e di quelli privi di delega. La disciplina previgente imponeva, anche agli amministratori sprovvisti di delega, un obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione della società. In caso di danni arrecati alla società per atti o omissioni degli amministratori provvisti di delega, quindi, l’area di rischio per gli amministratori “deleganti” era molto vasta, essendo correlata alla cosiddetta “culpa in vigilando”.

Con la riforma vi è stata un’indubbia restrizione del rischio di coinvolgimento degli amministratori sprovvisti di delega, nel senso sopra prospettato. La consapevolezza di tale restrizione, ove non sorretta da una sufficiente conoscenza delle previsioni e della portata delle nuove norme, potrebbe dar luogo, nella prassi, a comportamenti certamente non in linea con i criteri dettati dal Legislatore. E’ già stato peraltro riscontrato che i membri di consigli di amministrazione, sforniti di deleghe “operative”, mantengono - a volte - in tale sede, un contegno passivo, limitandosi a prendere atto delle relazioni periodiche degli organi delegati, nell’erronea convinzione che l’assenza di delega ed una superficiale valutazione di alcuni aspetti della gestione dell’attività della società, siano sufficienti a porli al riparo da qualsivoglia rischio. Ma detto convincimento è purtroppo smentito dalla realtà dei fatti stante la possibilità, per gli amministratori sforniti di delega e poco attenti e puntuali, di essere coinvolti in azioni risarcitorie anche di rilevantissimo contenuto economico. Venendo, in estrema sintesi, a trattare la nuova disciplina, va subito rilevato che norme fondamentali, in tema, sono contenute nell’art.2381 cod. civ. (commi 3°, 5° e 6°). Per quanto riguarda il consiglio di amministrazione, è previsto che esso: a) determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; b) può impartire direttive agli organi delegati o addirittura avocare a sé una o più operazioni rientranti nella delega; c) sulla base delle informazioni ricevute, deve valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; d) deve esaminare, se elaborati, i piani strategici, industriali e finanziari della società; e) deve valutare, sulla base delle relazioni degli organi delegati, il generale andamento della gestione. In merito agli organi delegati, è invece previsto che gli stessi: a) curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; b) riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e comunque almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per dimensioni e caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate. In linea generale, infine, è stabilito che gli amministratori (tutti gli amministratori, siano essi muniti o privi di delega) devono necessariamente agire “in modo informato” e che ciascun amministratore, privo di delega, può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società (art.2381 ultimo comma cod. civ.). In tale contesto normativo, deve essere attentamente valutata la posizione dei membri del consiglio di amministrazione che siano sforniti di delega, al fine di determinare quando essi possano ritenersi immuni da responsabilità per danni che siano derivati da azioni e/o omissioni degli organi delegati. Il quadro delinato dal Legislatore della riforma è chiaro nel sottolineare la rilevanza dei flussi informativi tra organi deleganti ed organi delegati, così come è chiaro nell’escludere che un amministratore possa trincerarsi, sic et simpliciter, dietro l’assenza di delega per poter evitare che possano essergli imputati profili di responsabilità. Ciascun amministratore sfornito di delega è quindi tenuto ad attivarsi in modo adeguato, e con la necessaria frequenza, proprio al fine di ottenere che gli organi delegati forniscano al consiglio di amministrazione tutte le necessarie informazioni sulla gestione della società. Ciò non significa, naturalmente, che tale diritto/dovere debba essere esercitato in modo automatico e generalizzato, dovendosi invece far riferimento, a titolo esemplificativo e valutando caso per caso, alla complessità delle attività ed operazioni delegate o alla natura dell’attività esercitata dalla società interessata. Per escludere la responsabilità degli amministratori privi di delega, pertanto, potrebbe non essere sufficiente l’aver preso conoscenza delle relazioni periodiche degli organi delegati sul generale andamento della gestione, sulla sua prevedibile evoluzione o sulle operazioni di maggior rilievo. In primo luogo, perché la periodicità di tali relazioni potrebbe essere tale (ad esempio, semestrale) da determinare un’esigenza di acquisire informazioni in un periodo intermedio; in secondo luogo, perché le relazioni degli organi delegati potrebbero di per sé presentare lacune tali da non consentire un’adeguata informazione a favore degli amministratori privi di delega. Qualora, dall’acquisizione delle informazioni, possano essere ravvisati profili di censura sull’operato degli organi delegati, l’amministratore privo di delega che dissenta da tale operato, dovrà necessariamente esprimere tale dissenso, in modo tempestivo ed in sede consiliare, esigendo la relativa verbalizzazione scritta. Quest’ultima necessità viene peraltro confermata dal Legislatore che ha significativamente stabilito che gli amministratori sono solidalmente responsabili, nei confronti della società per danni alla stessa arrecata, se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non abbiano fatto tutto quanto potevano per impedirne il compimento o attenuarne le conseguenze dannose (art.2392 2° comma cod. civ.).

Va altresì ricordato che le sostanziali differenze, tra la previgente e l’attuale disciplina normativa in tema di responsabilità degli amministratori privi di delega, sono state peraltro confermate dai primi orientamenti giurisprudenziali. In particolare, è stata sottolineata l’introduzione del nuovo criterio direttivo dell’”agire informato”, nell’ambito di un alleggerimento complessivo degli oneri, e delle conseguenti responsabilità, degli amministratori privi di delega, ma è stato anche chiaramente evidenziato che tale alleggerimento non deve far dimenticare che l’”agire informato” costituisce, non solo un potere, ma anche un preciso dovere dell’amministratore sfornito di delega (in tal senso: Cassazione n.23838 del 19/6/2007).

Nel valutare l’operato degli amministratori privi di delega, in presenza di atti od omissioni degli amministratori delegati che arrechino danno alla società, dovrebbe quindi accertarsi, caso per caso, se i primi si siano o meno adeguatamente attivati per acquisire ogni informazione utile, in relazione a particolari fasi della gestione ovvero ad uno o più specifiche operazioni. In caso negativo, ben potrà essere configurata la loro responsabilità. In caso affermativo invece, si dovrebbe verosimilmente valutare se gli amministratori delegati abbiano o meno riferito in modo completo ed esaustivo, al consiglio di amministrazione, quanto a loro richiesto. E, qualora ciò non sia avvenuto, si dovrebbe ancora valutare se le carenze o omissioni o inesattezze delle relazioni degli amministratori delegati avrebbero potuto essere o meno riscontrate dagli amministratori privi di delega, adottando una diligenza consona alla “portata” degli incarichi ed alle specifiche competenze di ciascuno di quest’ultimi. Qualora le carenze, omissioni od inesattezze imputabili agli amministratori delegati non potevano essere obbiettivamente riscontrate, la responsabilità degli amministratori sforniti di delega dovrebbe, in linea teorica, essere esclusa. Si tratta, evidentemente, di valutazioni estremamente delicate e certamente non facili, in considerazione delle diversissime e variegate fattispecie che potrebbero verificarsi in concreto. Spetterà naturalmente alla giurisprudenza di merito, come già avvenuto nel vigore della previgente disciplina, meglio delineare i criteri utili alla valutazione dell’operato degli amministratori privi di delega, per determinare quando possa essere effettivamente configurata una loro responsabilità per non avere agito “in modo informato”. (Pubblicato su “Il Sole 24 Ore del 21/04/08)

* Marco Emanuele Galanti - Fabio Meriggi

*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners