Alcune recenti pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno contribuito a dirimere alcune problematiche interpretative in relazione al tema del diritto al risarcimento del danno ai pazienti, derivante da patologie di non immediata percezione e caratterizzate, quindi, da periodi, più o meno lunghi, di “latenza” (Cass. Sez. Unite: sentenza n. 581/2008 e 583/2008).

I principi enunciati dalla Corte Suprema, in tema di danni ai pazienti cagionati da trasfusioni, possono essere applicati anche a diverse fattispecie, sempre in tema di responsabilità medica, nelle quali il danno si sia manifestato esteriormente dopo un periodo consistente rispetto all’effettiva insorgenza della patologia.

Più specificamente, nelle recenti sentenze assumono particolare rilievo le conclusioni raggiunte in relazione alla decorrenza del termine di prescrizione del risarcimento del danno, con particolare riferimento alle patologie da contagio.

Chi ha contratto malattie, quali il virus dell’HIV o dell’epatite, nell’ambito di strutture sanitarie, infatti, può assumere la consapevolezza del contagio anche a distanza di anni dall’evento che lo ha determinato.

Come noto, nel nostro ordinamento si prevede che la prescrizione decennale del diritto risarcitorio in materia contrattuale inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto stesso può essere fatto valere (art. 2935 cod. civ.).

Se il termine di decorrenza della prescrizione, genericamente individuato dalla norma appena richiamata, dovesse coincidere con il giorno in cui il danneggiato è stato effettivamente contagiato mediante la somministrazione di emoderivati o di sangue infetto, i suoi diritti risarcitori potrebbero essere spesso travolti dalla prescrizione.

Al fine di evitare ingiuste compressioni dei diritti risarcitori dei pazienti, la Corte Suprema, già in passato, aveva chiarito che il momento di inizio della decorrenza della prescrizione (giorno in cui il diritto stesso può essere fatto valere) doveva coincidere con il momento in cui il danno si manifesta all’esterno, e cioè quando diviene “oggettivamente percepibile e riconoscibile” anche in relazione alla sua rilevanza giuridica (Cass. n. 12666/2003; Cass. n. 9927/2000).

La stessa Corte, con successive ed ulteriori sentenze, aveva meglio chiarito la portata di tale principio, sottolineando che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi ritenga di avere contratto per contagio una malattia in seguito al fatto doloso o colposo dei medici o della struttura sanitaria, inizia a decorrere dal momento in cui la malattia viene percepita o può essere percepita quale danno ingiusto, usando l’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (in tal senso: Cass. 21/02/2003, n. 2645 ; Cass. 05/07/2004, n. 12287; Cass. 08/05/2006, n. 10493).

Con le recenti sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 581/2008 e n. 583/2008), dopo essere stata ribadita l’irrilevanza, ai fini della decorrenza della prescrizione, sia del momento in cui il medico, o la struttura sanitaria, pongono in essere la loro condotta illecita sia del momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, viene per contro, e correttamente, valorizzata l’acquisizione della consapevolezza da parte del paziente di aver subito un danno e che lo stesso sia riconducibile alla condotta del medico e/o della struttura sanitaria.

Sino a quando la causa del danno non sia individuata, o individuabile, la prescrizione non può iniziare a decorrere.

L’individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione presuppone, quindi, una rigorosa analisi delle informazioni, alle quali il paziente abbia avuto accesso o per la cui acquisizione si sarebbe dovuto diligentemente attivare, e della loro idoneità a consentire allo stesso soggetto danneggiato una conoscenza completa dei dati necessari per poter richiedere giudizialmente il risarcimento del danno.

La Corte Suprema ha, inoltre, ricordato che il giudice deve anche valutare se, al momento in cui si è realizzato l’evento dannoso, i medici interessati fossero effettivamente a conoscenza di una serie di elementi ed informazioni idonei ad evitare la causazione del danno, con i conseguenti riflessi sulla valutazione della loro condotta, potendo gli stessi essere ritenuti colpevoli di non avere fornito adeguate informazioni al paziente e di non avere adottato le dovute precauzioni.

Sempre in tema di individuazione del momento in cui inizia a decorrere la prescrizione, le Sezioni Unite hanno, inoltre, sottolineato la necessità di tenere in considerazione altri due fattori di rilievo.

In primo luogo, è stata affermata la necessità di valutare il livello di diligenza adottato dal soggetto danneggiato nel richiedere, una volta emersi i sintomi della malattia, i necessari accertamenti medico-sanitari, anche diretti ad individuare le cause della sua insorgenza e, quindi, i soggetti potenzialmente responsabili dell’evento dannoso.

In secondo luogo, è stata affermata altresì la necessità di valutare il livello delle conoscenze scientifiche esistenti al momento della manifestazione “esterna” della malattia.

Riassumendo, ad avviso delle Sezioni Unite, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi ritenga di aver contratto una malattia per il fatto doloso o colposo di un medico, o della struttura sanitaria, decorre dal momento in cui la malattia stessa viene percepita quale fatto ingiusto conseguente al comportamento di detti soggetti, usando l’ordinaria, oggettiva diligenza e tenendo conto della diffusione e del livello delle conoscenze scientifiche in materia.

Il danneggiato, quindi, non deve avere solo una percezione della malattia, che lo induca a sottoporsi ad esami clinici, ma deve essere posto in grado, tenendo conto del livello di conoscenza raggiunto dalla comunità scientifica di riferimento, di ricondurre la patologia al fatto colposo o doloso dei terzi.

In altre parole, gli strumenti “tecnici” disponibili devono essere in grado di rilevare la malattia e di metterla in relazione causa-effetto con un determinato evento.

E’ da questo momento che sorge il diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento di tutti i pregiudizi subiti ed è, quindi, sempre da questo momento che sorge il suo obbligo giuridico di attivarsi per la tutela dei suoi diritti al fine di evitare l’estinzione di questi ultimi per intervenuta prescrizione. (Pubblicato su “Il Sole 24 Ore” del 25/02/08)

*Marco Emanuele Galanti

*Renato Musella

*Studio Legale Galanti – Meriggi & Partners, Milano