CIRCOLARE N.6 MAR98

“RIFORMA DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE PER LE VIOLAZIONI DI NORME TRIBUTARIE”

Premessa

Dal 1° aprile 1998 entrerà in vigore la riforma delle sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie , con la quale è stato ridisegnato l’impianto generale del sistema sanzionatorio fiscale.

Il legislatore, a quasi 70 anni dall’ultimo intervento organico in materia, ha voluto così introdurre una riforma del settore di ampio respiro, che interessa tutti i contribuenti (società di capitali, società di persone, associazioni …), basata su nuove linee guida e su nuovi principi generali.

L’esame, seppur sintetico, dei principi più importanti della riforma, risulta, fin d’ora, necessario per comprenderne l’effettiva portata, e per capire cosa, sostanzialmente, muti rispetto al sistema sanzionatorio previgente.

Unificazione delle sanzioni

La modifica di più immediata evidenza, rispetto al sistema previgente, è l’abolizione delle tipiche figure di sanzioni tributarie, soprattassa e pena pecuniaria, che vengono sostituite da una sanzione pecuniaria unica (art.2, comma 1°, Dlgs. n.472/97).

Tale sanzione pecuniaria consiste nell’obbligo di pagamento di una somma di denaro che verrà determinata, per ciascuna violazione, in misura variabile tra un limite minimo ed un limite massimo, ovvero in misura proporzionale al tributo cui si riferisce la violazione stessa o, eventualmente, in misura fissa.

E’, inoltre, disposto che, nei casi tassativamente previsti dalle singole leggi, possano essere irrogate anche sanzioni accessorie tra le quali si evidenzia l’interdizione temporanea dalle cariche di amministratore, di sindaco o di revisore di società di capitali, l’interdizione temporanea dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e forniture (art. 21).

Il principio di legalità, di irretroattività e del favor rei

Il legislatore ha introdotto attraverso la riforma in esame, nel sistema sanzionatorio tributario, tre nuovi ed importanti principi mutuati dal diritto penale: il principio di legalità, il principio di irretroattività e quello del favor rei.

Secondo il principio di legalità, la sanzione amministrativa può essere irrogata solo se risulta contemplata da una norma di rango legislativo e, a differenza del sistema previgente, non può applicarsi se il fatto è stato commesso prima dell’entrata in vigore della disposizione che la prevede (art.3, comma 1°).

Sulla base, invece, del principio della irretroattività se, nel tempo, si succedono più leggi, la sanzione non può essere irrogata per un fatto che non è più considerato violazione punibile da una legge posteriore (art.3, comma 2°).

In forza del principio del favor rei, infine, se la legge posteriore prevede pene di diversa entità rispetto a quella anteriore, troveranno applicazione quelle di importo minore (art.3, comma 3°).

Responsabilità personale dell’autore della violazione

La novità di maggiore importanza ed interesse, introdotta dalla riforma, e che più di ogni altra ha fatto discutere, prima ancora della sua entrata in vigore, è quella della responsabilità personale dell’autore materiale della violazione.

L’art. 2 del D.Lgs. n.472, dispone, infatti, che le sanzioni tributarie sono “riferibili alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione”.

In altri termini, la responsabilità della violazione di una norma tributaria ricade direttamente sulla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione stessa; ad es. per le società aventi personalità giuridica, la responsabilità ricade sul rappresentante legale e negoziale o su colui che, di fatto, ha agito in nome e per conto (cioè nell’interesse) della società stessa (ad es. amministratori, direttori o responsabili amministrativi o finanziari, managers, dipendenti con particolari responsabilità ed incarichi).

Tale principio di carattere generale incontra un unico limite: in caso di violazione commessa senza dolo o colpa grave , la sanzione non può essere irrogata nei confronti della persona fisica per una somma eccedente i 100 milioni, salvo che la persona fisica non ne abbia tratto diretto vantaggio (art.5, comma 2°).

Peraltro, l’interpretazione ad oggi prevalente è quella di ritenere che, in caso di più violazioni accertate con distinti processi verbali, notificati in tempi diversi ed attinenti a distinte infrazioni, si dovrebbero comunque avere tanti e distinti “tetti” ciascuno da 100 milioni.

Il principio della responsabilità personale dell’autore materiale della violazione concorre con quello della responsabilità dei soggetti per conto dei quali la persona fisica ha (eventualmente) commesso la violazione.

Infatti, da un lato, secondo quanto disposto dall’art.11, comma 1° del decreto legislativo n.472, se l’autore della violazione è dipendente, rappresentante legale o amministratore e ha agito nelle sue funzioni o incombenze, sono obbligati al pagamento delle sanzioni anche il datore di lavoro o la società, salvo il loro diritto di regresso verso l’autore della violazione.

Dall’altro lato, l’art.11, comma 6° dispone che per i casi di violazione commessa senza dolo o colpa grave i rappresentati (ad es. le società) possono, preventivamente, assumere l’eventuale debito dell’autore della violazione.

In concreto, le società, attraverso l’adozione di una specifica delibera assembleare, possono comunque scegliere di assumersi ed accollarsi, nei confronti delle pubbliche amministrazioni o degli enti che gestiscono i tributi, il debito per sanzioni conseguenti a violazioni che i rappresentanti delle società commettono nello svolgimento delle loro mansioni.

L’assunzione del debito vale ovviamente solo nei casi in cui il rappresentante della società non abbia agito con dolo o con colpa grave.

Tale assunzione di debito si colloca, peraltro, nell’ambito di una espressa previsione legislativa (art.11, comma 6°), ed è opportuno effettuarla anche nell’interesse della società stessa che, in mancanza, rischierebbe di perdere la speditezza operativa.

Infatti, i rappresentanti ed i dipendenti della società, di fronte al timore ed al rischio di pesanti sanzioni irrogate per violazioni di norme commesse con colpa lieve, potrebbero assumere un atteggiamento talmente prudente da bloccare, o quanto meno, rallentare la regolare attività d’azienda.

L’autore mediato

Rapporto tra contribuente e consulente L’art.10 del Dlgs. n.472/97 dispone che, salve le norme relative al concorso di persone, è autore mediato della violazione, e quindi ne risponde in luogo dell’autore materiale, colui che determina la commissione di una violazione

: - usando violenza o minaccia;

- oppure avvalendosi di persona incapace di intendere o volere;

- oppure inducendo altri in errore incolpevole.

Focalizzando la nostra attenzione su quest’ultima ipotesi, una prima relazione ministeriale ha cercato di chiarire quali responsabilità possano gravare sul professionista (dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, consulenti fiscali o legali …) che fornisce, in materia tributaria, pareri o indicazioni al contribuente, inducendolo in un errore incolpevole da cui consegue la violazione di una norma di legge.

Orbene, la richiamata relazione ministeriale sostenendo che “non è prospettabile la responsabilità (del professionista) per i pareri resi e le indicazioni date nell’ambito della sua attività, se non nei casi di colpa grave” si limita, in realtà, a confermare il principio espresso dall’art.2236 c.c. secondo cui il professionista, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, risponde dei danni solo nell’ipotesi in cui abbia tenuto un comportamento doloso o gravemente colposo.

Orbene, richiamando interamente il contenuto della nota n.2 per quanto riguarda i presupposti in presenza dei quali sussiste la colpa grave, si può fondatamente sostenere che, nell’ipotesi in cui il professionista sia chiamato ad esprimere pareri o a fornire indicazioni in materie opinabili ed oggetto di dubbi interpretativi, si debba comunque escludere la colpa grave del professionista stesso, e dunque la sua responsabilità in luogo dell’autore materiale della violazione.

Al contrario, nel caso in cui il professionista esprima un parere errato in materie di semplice comprensione, inducendo in questo modo in errore incolpevole il cliente, il professionista stesso può essere chiamato, ai sensi dell’art.10 del Dlgs.472/97) a rispondere direttamente della violazione commessa dal cliente.

Fermo quanto sopra, non posso sottrarmi dall’evidenziare che, comunque, la sfera di responsabilità professionale dei consulenti si amplierà notevolmente con l’entrata in vigore della riforma in esame.

Infatti, l’art.10 sopra richiamato deve essere letto ed interpretato anche alla luce del disposto dell’art.6 secondo cui “il contribuente, il sostituto ed il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’Autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”.

In base a tale norma, pertanto, il professionista potrebbe rispondere in proprio, per esempio, per l’omesso pagamento di imposte che gli sono state delegate ovvero per la commissione di qualsivoglia violazione fiscale, salvo che tali illeciti siano conseguenza di errore sul fatto non determinato da sua colpa o di obiettive condizioni di incertezza sulla portata delle disposizioni alle quali si riferiscono.

Anche i professionisti, peraltro, potranno tutelarsi da eventuali responsabilità dirette, concordando con il proprio assistito che questi, ai sensi dell’art.11 comma 6°, si assuma e si accolli, nei confronti dei soggetti che gestiscono i tributi, il debito per sanzioni conseguenti a violazioni commesse dal professionista nell’esecuzione del mandato conferitogli.

E ciò, attraverso, per esempio, l’inserimento di un’apposita clausola nel contratto di consulenza o di collaborazione stipulato con l’assistito.

Disposizioni transitorie

Come già segnalato nella premessa, la riforma delle sanzioni tributarie entrerà in vigore dal prossimo 1° aprile: peraltro, ai sensi dell’art.25 del D.Lgs n.427/97, gli effetti ed i principi sopra esposti troveranno applicazione non solo a tutte le violazioni non ancora contestate o a tutti quei fatti in cui la sanzione non è stata ancora irrogata, ma addirittura a tutti i procedimenti in corso.

In questa sede, mi limito a segnalare che tale effetto retroattivo contrasta, in modo stridente, con il principio generale di irretroattività sancito dall’art.3 dello stesso decreto legislativo, e fa sorgere numerosi dubbi interpretativi e di legittimità costituzionale per violazione dell’art.25 della carta costituzionale.

Riflessioni finali

Come si evince dalla succinta panoramica di considerazioni, i principi generali sottesi alla riforma in esame, ed in particolare quello della responsabilità personale dell’autore materiale della violazione e quello dell’autore mediato, fanno sorgere numerosi dubbi interpretativi e richieste di ulteriori chiarimenti da parte delle competenti autorità.

Peraltro, in attesa che si consolidino orientamenti giurisprudenziale in materia e che si affermi una prassi significativa nell’applicazione della riforma, ritengo quantomai opportuno propendere per un’interpretazione restrittiva e rigida dei principi sopra indicati.

Considerata la complessità e le continue innovazioni in relazione alla materia trattata, lo studio rimane a disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento o chiarimento che si dovesse rendere necessario.

Milano , Giugno 1998

Studio Legale GGM