CIRCOLARE N. 8 LUG98

“LE MODALITA’ DI ESERCIZIO DELLA FUNZIONE DI REVISORE CONTABILE - ART.39 DEL D.P.R. 06.03.1998 N.99″

Premessa

In data 01.05.1998 è entrato in vigore il D.P.R. 06.03.1998 n.99 , attraverso il quale il Legislatore ha ridisciplinato le modalità di esercizio della funzione di revisore contabile.

Più in particolare, il decreto contiene importanti novità sia per quanto riguarda l’esercizio del potere di vigilanza sull’attività di controllo legale dei conti, sia per quanto riguarda le ipotesi di sospensione e di cancellazione dell’iscritto dal registro dei revisori contabili (art.31-41).

Limitando l’attenzione alle fattispecie che danno luogo alla sospensione ovvero alla cancellazione del revisore contabile dal registro, ritengo quanto mai opportuno svolgere alcune, brevi riflessione in merito al contenuto dell’art.39.

Art. 39: cause di sospensione del revisore contabile

E’ innanzitutto necessario ricordare che lo spirito sotteso all’art.39 è quello di garantire, in armonia con l’orientamento giurisprudenziale prevalente e con autorevoli opinioni dottrinali , l’autonomia e l’indipendenza, sia formale che sostanziale, del revisore contabile dalla società che conferisce l’incarico, dalle sue contollate e controllanti.

In altri termini, il legislatore ha voluto evitare conflitti o sovrapposizioni di interesse, impedendo che uno stesso soggetto rivesta, per conto della medesima società o ente, una pluralità di funzioni che ne possano pregiudicare, direttamente o indirettamente, l’imparzialità.

Più in particolare, la norma in esame contiene l’elencazione di alcune fattispecie che compromettono l’idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti, e al cui verificarsi il direttore generale degli affari civili e delle libere professioni, organo facente parte della commissione centrale per i revisori contabili, dispone la sospensione del revisore.

Le suddette fattispecie non possono, e non devono, a ns. avviso, essere lette ed interpretate separatamente, ma, al contrario, in modo coordinato tra loro in quanto presentano alcuni elementi di identità e di sovrapposizione ed alcuni aspetti di diversità e di contrapposizione.

Limitando l’attenzione alle circostanze di maggiore interesse indicate ai punti c), d) ed e) della norma in esame, emerge che si riferiscono agli stessi soggetti, ovverosia all’iscritto, all’amministratore, al direttore generale, al socio o ai soggetti di cui l’iscritto si avvale per svolgere la sua attività.

Tali soggetti non possono intrattenere (o avere intrattenuto nei due anni antecedenti al conferimento dell’incarico) rapporti continuativi e rilevanti con il soggetto che conferisce l’incarico (lett.c), e non possono essere (o essere stati nei tre anni antecedenti) legati con lo stesso da rapporti di lavoro subordinato o autonomo (lett.d).

L’iscritto, l’amministratore, il direttore generale, il socio o i soggetti di cui l’iscritto si avvale non possono, infine, ricoprire (o avere ricoperto nei tre anni antecedenti) cariche di amministratori della società o dell’ente che conferisce l’incarico (lett. e).

Orbene, per quanto riguarda i concetti di continuità e rilevanza del rapporto richiamati al punto c) dell’art.39, segnaliamo che la nozione di continuità non solleva particolari problemi poichè individua e descrive una situazione di fatto che si protrae in modo ininterrotta nel tempo. Circa il concetto di rilevanza, invece, riteniamo che non sia corretto limitarne la portata a valori esclusivamente economici.

Un rapporto può essere rilevante, infatti, non solo quando rappresenti per il revisore una percentuale (30 o 40%) elevata del suo fatturato , ma anche quando, nel corso del rapporto, il revisore abbia svolto compiti ed incarichi di particolare importanza o che implicano notevoli responsabilità.

In altri termini, il concetto di rilevanza deve essere individuato, non solo tramite criteri economici, ma anche attraverso criteri di funzione

. In merito al contenuto del punto d), al di là del concetto di subordinazione sul quale non ritengo sussistere dubbi interpretativi, rileviamo che il legame derivante da rapporto di lavoro autonomo può sorgere allorchè si formalizzi, ad esempio, un contratto di collaborazione e consulenza tra l’iscritto, l’amministratore, il direttore generale, il socio o i soggetti di cui l’iscritto si avvale, da una parte, e colui che conferisce l’incarico, dall’altra.

Vi è di più: il punto c) estende il divieto per tutti i soggetti ivi indicati di intrattenere (o di avere intrattenuto nei due anni antecedenti al conferimento dell’incarico) rapporti continuativi o rilevanti con le società controllate dal soggetto che ha loro conferito l’incarico (estensione del divieto verso il basso).

Al contrario, i punti d) ed e) prevedono un estensione del divieto verso l’alto: il punto d) dispone, infatti, che i soggetti ivi indicati non possano avere legami derivanti da rapporti di lavoro subordinato o autonomo con la società controllante il soggetto che ha conferito l’incarico; il punto e) dispone, invece, che gli stessi soggetti non possano essere amministratori della società che controlla la società o l’ente che ha conferito l’incarico.

Per effetto delle riflessioni sopra prospettate e di una rigida interpretazione letterale della norma, in assenza di interpretazioni ministeriali che pur non avendo una efficacia vincolante presenteranno indiscutibili effetti nella concreta applicazione della normativa in esame, emergono due osservazioni:

1) l’iscritto, l’amministratore, il direttore generale, il socio o i soggetti di cui l’iscritto si avvale non possono intrattenere (o avere intrattenuto) rapporti continuativi o rilevanti con la società controllata dal soggetto che ha conferito l’incarico;

2) l’iscritto, l’amministratore, il direttore generale, il socio e i soggetti di cui lo stesso si avvale, parrebbe possano intrattenere (o avere intrattenuto) rapporti continuativi o rilevanti con la società controllante, ma non possano nè essere (o essere stati) legati con la stessa da rapporti di lavoro subordinato o autonomo, né esserne (o esserne stati) gli amministratori. Ovviamente, nel caso in esame, l’incarico non dovrà essere conferito dalla controllante nell’interesse della controllata.

Lo schermo delle società di professionisti

Al fine di evitare i precetti normativi sopra esposti potrebbe sorgere l’idea di costituire una società tra professionisti in modo tale da precostituire uno schermo tra il soggetto che conferisce l’incarico di revisione e le sue società controllanti o controllate, da un lato, e i singoli professionisti, dall’altro.

Ebbene, riteniamo che l’idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti sarebbe comunque compromessa nell’ipotesi in cui il rapporto con la società che conferisce l’incarico (le sue controllate o controllanti) non intercorra direttamente con l’iscritto, ma con la società o lo studio associato nel quale l’iscritto stesso partecipa in qualche forma e/ o misura.

Lo “schermo” della società tra professionisti, infatti, non pare sufficiente ad eludere lo spirito della norma per due ragioni; in primo luogo, non si può dimenticare che il Consiglio di Stato, con parere reso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza dell’11 maggio 1998, ha proposto che i professionisti non possano costituire società di capitali, bensì società secondo i tipi regolati “dai capi I, II, III e IV del titolo quinto del libro quinto e dall’articolo 2512 c.c.” (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice, cooperativa a responsabilità illimitata).

Pertanto, se il regolamento dovesse essere approvato, come è probabile, nel rispetto delle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato, sarà possibile costituire tra professionisti solo società di persone che, in quanto tali, sono caratterizzate da un’autonomia economica imperfetta e da una maggiore responsabilità, oltre che da un più accentuato coinvolgimento ed interesse, del singolo socio.

Sarebbe, dunque, difficile sostenere che l’idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti non sia compromessa poiché il legame di lavoro autonomo, o il rapporto continuativo o rilevante con il soggetto che conferisce l’incarico, è sorto con la società di professionisti, e non con il singolo iscritto che è socio della stessa società tra professionisti.

In secondo luogo, secondo quanto segnalato dal Consiglio di Stato e da autorevole dottrina , nelle future società tra professionisti, si dovrà distinguere tra il soggetto economico (la società di professionisiti) che contrae con il cliente, ed il singolo professionista concretamente incaricato della esecuzione dell’attività professionale.

Da ciò consegue che, quantunque il rapporto economico sorga tra la società di professionisti ed il cliente, quest’ultimo comunque potrà scegliere ed individuare il singolo professionista di cui ha intenzione di avvalersi instaurando con lo stesso un rapporto fiduciario, basato sull’intuitu personae.

Pertanto, sebbene il vincolo contrattuale sia instaurato tra la società di professionisti ed il cliente, comunque il rapporto tra il cliente ed il singolo professionista conserverà autonoma rilevanza, e ciò, a mio avviso, anche ai fini dell’applicazione dell’art.39

Osservazioni finali

Dalla succinta panoramica di considerazioni sopra esposte emerge l’esigenza per i revisori contabili di individuare, con certezza, quali siano le attività che possono seriamente compromettere il corretto svolgimento della funzione di controllo dei conti.

In attesa che si sviluppino orientamenti interpretativi in materia, riteniamo quanto mai opportuno propendere per un’interpretazione restrittiva e rigida dei principi sopra indicati.

Considerata la complessità e le continue innovazioni in relazione alla materia trattata, lo studio rimane a disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento o chiarimento che si dovesse rendere necessario.

Milano , Luglio 1998

Studio Legale GGM