[Aprile 2009] - L’ingiunzione UE parte a metà
di Marco Emanuele Galanti e Renato Musella *
Nel dicembre 2008 è entrato in vigore il Regolamento n. 1896/2006, emanato dalla Comunità Europea in data 12 dicembre 2006, che, attraverso l’introduzione del procedimento di ingiunzione europeo, assicura alle imprese ed ai consumatori un nuovo strumento giuridico per la tutela sommaria dei propri diritti di credito.
Per la prima volta vengono introdotte delle norme processuali europee uniche, applicabili in tutti gli Stati della Comunità Europea, ad eccezione della Danimarca, che tenteranno di assicurare alle piccole e medie imprese, ed ai consumatori, uno strumento rapido e semplice contro i ritardati pagamenti.
Il procedimento di ingiunzione europeo non va a sostituirsi alle procedure previste dagli Stati membri, ma va ad integrare il quadro degli strumenti processuali dei singoli ordinamenti nazionali a disposizione di imprese e cittadini.
Nell’ambito delle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale, a prescindere dall’entità credito, sarà infatti possibile scegliere se adire l’autorità giudiziaria per il recupero dei propri crediti, utilizzando gli strumenti giuridici nazionali ovvero l’ingiunzione europea, uno strumento armonizzato in tutta Europa e contraddistinto, sulla carta, da una indubbia semplicità ed economicità.
La procedura per l’ottenimento decreto ingiuntivo europeo si basa sulla compilazione di una modulistica standard, allegata al Regolamento stesso, e non prevede, in linea teorica, l’obbligatorietà dell’intervento di un avvocato.
La domanda di ingiunzione viene proposta direttamente dalla parte utilizzando un apposito modulo (Allegato A del Regolamento medesimo) e deve contenere gli elementi necessari all’individuazione della controversia, nonché il suo carattere transfrontaliero.
Il ricorrente deve limitarsi ad indicare uno o più mezzi di prova a sostegno della propria domanda, senza necessità di produrre la relativa documentazione.
E’, quindi, sufficiente la mera elencazione dei fatti costitutivi del proprio diritto di credito e delle prove, per ottenere il decreto ingiuntivo.
Si tratta, di fatto, di un’“autocertificazione” della propria pretesa creditoria da parte del ricorrente, il quale, sempre all’interno della modulistica, dovrà dichiarare di fornire in coscienza ed in fede informazioni veritiere, riconoscendo che le dichiarazioni deliberatamente false e mendaci saranno punite in base alla legge proprio Stato membro d’origine.
Al riguardo, si rileva che, nell’ordinamento giuridico italiano, le parti del giudizio hanno il solo obbligo di rispettare un generico dovere di lealtà, ma non sono obbligate, per legge, a dire la verità. Ove il ricorrente indichi nel modulo circostanze false, o comunque non veritiere, potrebbe incorrere solo in una condanna ex art. 96 cod. proc. civ., per temerarietà della lite, nell’eventuale giudizio di opposizione in cui dovesse risultare soccombente.
Compilato il modulo contenente la richiesta di ingiunzione, il ricorrente deve procedere al suo deposito, che, in base all’attuale organizzazione dei nostri uffici giudiziari, dovrà per forza avvenire in forma cartacea, anche a mezzo posta raccomandata, senza l’obbligo di deposito in cancelleria.
Tuttavia, ad oggi, si sono manifestate molteplici problematiche organizzative per la maggior parte degli uffici giudiziari italiani relativi alle procedure di ricezione delle domande di ingiunzione europea.
Il Tribunale di Milano, ad esempio, richiede che il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo europeo, anche qualora pervenga a mezzo raccomandata, segua l’iter previsto per il ricorso per decreto ingiuntivo ordinario e, pertanto, venga iscritto a ruolo.
Ma non solo. Alcuni Tribunali italiani richiedono anche il pagamento del contributo unificato, nonostante il Regolamento non preveda il pagamento di alcuna imposta di bollo. Una volta depositato il ricorso, il giudice ne esamina il contenuto. Trattasi di un controllo esclusivamente formale, senza alcuna valutazione di merito, neppure sommaria, diretto a verificare la regolarità e la coerenza dei dati riportati nel modulo di richiesta.
In caso di verifica positiva, il giudice emette il relativo ordine di pagamento entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, utilizzando un apposito modulo standard, nel quale informa il convenuto che può pagare il ricorrente oppure può opporsi all’ingiunzione nel termine di 30 giorni dalla notifica, decorso il quale l’ingiunzione diverrà esecutiva.
La notificazione dell’ingiunzione di pagamento dovrebbe avvenire a cura della cancelleria dell’autorità giudiziaria competente.
Tuttavia, anche in questo caso le già ben note problematiche organizzative che affliggono gli uffici giudiziari italiani renderanno di difficile applicazione tale previsione, con la conseguenza che la notifica, nella maggior parte dei casi, sarà a cura del ricorrente.
A seguito della notifica dell’ingiunzione di pagamento, il convenuto può presentare opposizione direttamente all’autorità giudiziaria che ha emesso il decreto nei 30 giorni successivi, utilizzando un modulo standard, consegnato unitamente all’ingiunzione di pagamento europea.
Per quanto concerne i requisiti minimi dell’atto di opposizione, il convenuto deve indicare, oltre agli elementi indispensabili per l’individuazione del procedimento cui l’atto si riferisce, solo la dichiarazione che egli si oppone al consolidarsi dell’ingiunzione e che contesta il credito, senza riferimento alcuno alle ragioni per cui l’opposizione è proposta. Questa previsione lascia obiettivamente perplessi, soprattutto alla luce del fatto che, come già detto in precedenza, non è stata prevista nel Regolamento alcuna sanzione per le opposizioni infondate.
Nel caso in cui l’opposizione sia presentata tempestivamente, il procedimento prosegue secondo le norme di procedura civile ordinaria e vi è, quindi la conversione del rito europeo con quello ordinario interno; se, invece, il ricorrente lo abbia esplicitamente richiesto al momento della presentazione della domanda di ingiunzione europea, il procedimento si estingue ex lege in caso di opposizione.
Nell’ordinanza di conversione del rito, che deve essere comunicata al ricorrente, il giudice dovrebbe fissare la prima udienza di comparizione delle parti e trattazione, e, qualora il ricorrente abbia proposto personalmente il ricorso, il giudice, rilevato il difetto di rappresentanza tecnica, dovrebbe assegnare allo stesso un termine per costituirsi in giudizio mediante un difensore, oltre ad un termine per integrare la propria domanda originaria e produrre la documentazione necessaria.
Il giudice, nella stessa ordinanza, da notificarsi al debitore, dovrebbe, infine, assegnare un termine a quest’ultimo per costituirsi nelle forme di cui agli artt. 166 e 167 cod. proc. civ.
L’ingiunzione di pagamento europea, dichiarata esecutiva, è riconosciuta ed eseguita in tutti gli Stati membri della Comunità Europea, ad eccezione della Danimarca, senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che, salvo casi eccezionali, sia possibile opporsi al suo riconoscimento, anche se, poi, nella fase esecutiva, continuano a trovare applicazione le norme dello Stato in cui essa deve avvenire.
Per la prima volta la dichiarazione di esecutività di un provvedimento giudiziario resa in uno Stato membro avrà immediatamente valore in tutto il territorio europeo.
E’ evidente che il Regolamento costituisce il primo passo per la costruzione del diritto civile europeo, che consenta ai cittadini europei di poter avere una tutela giudiziaria uniforme nello spazio unico europeo.
Il procedimento di ingiunzione, per quanto in apparenza semplice, ha già presentato e presenta molteplici problematiche operative ed interpretative che andranno necessariamente risolte nell’ottica della costruzione del procedimento civile europeo.
* Studio Legale Galanti, Meriggi & Partners
(Tratto dal Sole 24 Ore del 6/4/2009 – pag. 9)
* Marco Emanuele Galanti - Renato Musella
*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners