di Marco Emanuele Galanti e Fabio Meriggi *

La responsabilità delle strutture sanitarie per l’operato dei medici è stata oggetto di ampia elaborazione giurisprudenziale. Se appaiono chiari i confini di tale responsabilità per gli enti pubblici, lo stesso non può dirsi per le strutture sanitarie private nel cui ambito, di solito, il paziente intrattiene due rapporti contrattuali: uno con il medico e l’altro con la struttura sanitaria. Vi sono poi casi più sfumati, nei quali il paziente intrattiene rapporti solo con il medico di fiducia che, direttamente, individua e contatta la struttura. In questi casi, le eventuali responsabilità del medico devono estendersi anche alla struttura privata? Sembrerebbe di no, considerando che l’errore del medico prescelto non dovrebbe coinvolgere la clinica privata, se questa ha correttamente effettuato le prestazioni di sua competenza. Gli stessi rilievi dovrebbero valere, a maggior ragione, nel caso di scelta della struttura privata ad opera del medico di fiducia del paziente e della sua diretta attivazione per programmare il ricovero ed effettuare l’intervento.

In realtà, la giurisprudenza delinea un quadro diverso. Con la sentenza 9556/02 della Cassazione, è stato affermato che il rapporto tra casa di cura e paziente consiste nella messa a disposizione di personale medico ausiliario e paramedico e nell’apprestamento dei medicinali e delle attrezzature necessarie, anche finalizzate ad affrontare eventuali complicanze. Più in particolare, secondo la Corte, nei “risch#i d’impresa” della clinica rientrerebbe anche quello della distribuzione delle competenze dei vari operatori, inclusi i medici non facenti parte dell’organizzazione aziendale, e quindi anche quello di eventuali danni derivanti dal loro operato.

Successivamente si è consolidato un orientamento ancor più chiaro nel configurare una responsabilità solidale della clinica. La Corte ha affermato che nel ricovero del paziente in una struttura, pubblica o privata, si configura un rapporto contrattuale tra le parti indipendentemente dall’esistenza di specifiche pattuizioni scritte al riguardo. Sulla base di tale premessa, per i danni causati dal medico è stata configurata una responsabilità solidale della struttura sanitaria. Più specificamente, tale responsabilità 2,5 a è stata ricondotta all’articolo 1228 del Codice civile secondo il quale «salva diversa volontà delle parti, il debitore che… si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro» (in tal senso Cassazione 13953/07).

Detti principi sono stati fatti propri dalle Sezioni Unite che hanno ritenuto irrilevante il fatto che il paziente si sia rivolto a una struttura del Ssn, convenzionata, privata, o a un medico di fiducia che abbia effettuato l’intervento presso quest’ultime. In questi casi è stata configurata la responsabilità contrattuale della struttura interessata (Cassazione S.U., 577/08).

Ne discende, quindi, un quadro particolarmente severo nei confronti delle strutture private e, nelle decisioni della Cassazione, non sembra esservi spazio per deroghe o eccezioni, nemmeno in presenza di casi-limite quale quello del medico di fiducia che  individui autonomamente la casa di cura privata ove effettuare l’intervento, senza avere con essa un rapporto di stabile collaborazione, e concordi direttamente con la stessa il ricovero e l’utilizzo delle strutture e del personale necessari.

In tale contesto, e ricordando che nel citato articolo 1228 viene fatta salva un’eventuale, «diversa volontà delle parti», occorre valutare se la responsabilità solidale della struttura privata, per l’operato del medico di fiducia del paziente, possa essere esclusa o attenuata, ricorrendo a specifici accordi. Pur essendo possibile ricorrere a pattuizioni scritte, la loro validità in un eventuale contenzioso sarebbe comunque da verificare. Al riguardo e come affermato dalla Corte di Cassazione (sentenza 915/99), sia pur in diversa fattispecie, potrebbe essere ravvisata un’illegittima compressione del diritto costituzionalmente garantito alla salute.

Se è comprensibile la finalità di costituire la più ampia tutela giuridica in un ambito tanto rilevante, va tuttavia considerato che un’applicazione generalizzata e incondizionata delle conclusioni della Cassazione, che non tenga conto della peculiarità di ciascun caso e dell’impossibilità, per le strutture private, di poter prevenire danni al paziente per l’operato di un soggetto terzo da quest’ultimo prescelto, potrebbe dare origine a decisioni e conseguenze inique.

È quindi auspicabile che sul tema intervenga un’ulteriore elaborazione giurisprudenziale al fine di delineare un quadro più chiaro delle specifiche aree di responsabilità che tenga conto dei contenuti e delle dinamiche che caratterizzano i rapporti contrattuali intercorrenti tra le parti e, in special modo, della stretta correlazione tra il danno subito dal paziente e la sua effettiva causa.

* Studio Legale Galanti, Meriggi & Partners

(Tratto dal Sole 24 Ore del 9/2/2009 – pag. 7)

* Marco Emanuele Galanti - Fabio Meriggi

*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners